
Il meccanotessile corre in Asia
MILANO
Le vendite di macchine tessili ripartono trainate alla grande dalla domanda asiatica. Ma non basta. Dopo il boom dei primi tre mesi (+41%), anche la rassegna internazionale di Shanghai ha dato ottimi risultati, mettendo di buon umore i produttori italiani: «La seconda edizione dell’Itma Asia – afferma Sandro Salmoiraghi, presidente di Acimit, l’associazione che raggruppa i costruttori meccanotessili – ha confermato la ripresa in atto nei principali mercati mondiali del settore, Asia in testa».
Di ritorno da Shanghai dove si è svolta nelle scorse settimane la più importante manifestazione mondiale del settore per il 2010, il leader dell’Acimit fa il bilancio dell’operazione e racconta: «Gli ordini raccolti in fiera da molte aziende confermano che siamo sulla via di un recupero». Nei primi tre mesi dell’anno le vendite sono cresciute a due cifre: in Cina gli acquisti del made in Italy risultano aumentati del 110% e in India del 78 per cento.
«Il mercato cinese – continua Salmoiraghi – si sta muovendo velocemente e risulta particolarmente attento alle principali tematiche della nostra filiera. Nell’incontro che ho avuto con mister Du, presidente del China textile council, ho potuto verificare personalmente come il tessile di Pechino stia sempre più puntando sulla sostenibilità, sulla riduzione del “carbon footprint” e sul riutilizzo degli scarti tessili. Queste tematiche trovano in prima fila anche i nostri costruttori».
Non per niente l’Acimit ha presentato all’Itma il progetto ecosostenibilità: «Si tratta – spiega Salmoiraghi – di arrivare all’applicazione di una targa verde in cui il costruttore possa dichiarare i comportamenti energetici e ambientali delle singole macchine. Nell’attesa che il nostro programma arrivi alla sua piena realizzazione, i visitatori hanno potuto verificare quello che le aziende italiane stanno già realizzando su questo fronte, anche perché gli stand di 38 aziende riportavano già il logo “sustainable technologies” in bella evidenza».
Il made in Italy «torna da questa fiera – conclude Salmoiraghi – con qualche motivo in più di speranza. Navighiamo ancora a vista, come si percepisce dalla situazione economica generale che è lontana dall’essere su un percorso di ripresa solida. Nonostante questo i nostri costruttori si dimostrano attivi e pronti a intercettare le nuove opportunità di business».
Anche sul fronte della proprietà industriale giungono importanti novità da Shanghai. In fiera sono infatti state individuate e denunciate 29 violazioni dei diritti di proprietà industriale da parte di aziende cinesi. Di queste, 21 sono state confermate dall’ufficio competente e le macchine oggetto della denuncia tolte dagli stand. Circa metà delle infrazioni avevano come oggetto brevetti italiani.
Gli espositori italiani a Shanghai sono stati 115. A livello di superficie occupata l’Italia figurava al terzo posto con 4mila metri quadrati netti, alle spalle degli espositori cinesi (31mila metri quadrati) e tedeschi (5mila metri quadrati). Particolare successo hanno avuto i quattro «National sector group» italiani dove, grazie alla collaborazione con l’Ice e il ministero dello Sviluppo economico, 67 imprese italiane hanno potuto presentare la loro offerta all’interno di un format targato made in Italy.
La provenienza dei visitatori alla rassegna (100mila in cinque giorni) conferma che non è solo il tessile cinese a scaldare i motori. In fiera sono infatti stati visti operatori indiani, giapponesi, taiwanesi, thailandesi, coreani e pakistani. Nella precedente edizione i visitatori esteri rappresentavano solo il 10% del totale dei visitatori, mentre quest’anno si è arrivati ad una quota del 20 per cento.
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