
Il sistema fiere tiene ma ora serve una regia
Oltre i due terzi degli appuntamenti fieristici che ogni anno si svolgono in Italia hanno come sede una città localizzata al di sopra della Linea gotica. Da Torino a Genova, da Verona fino a Bologna, con Milano a fare da pivot dal centro esposizioni di Rho-Pero e dalle aree di FieraMilano City, il panorama – articolato e florido, rispetto al resto dello stivale – racconta di una serie di eccellenze che tuttavia non sembrano ancora in grado di fare squadra, soprattutto in vista dell’importante appuntamento internazionale del 2015, che costringerà produttori e venditori a organizzarsi in sistema per portare il meglio del made in Italy sul palcoscenico dell’Expo.
Parma contro Milano. Rimini contro Bologna. Milano contro Verona. Due rassegne dedicate al food che si fronteggiano. Stesso copione per le macchine industriali e per decine di altri comparti desiderosi di esporre, malgrado la crisi, le proprie produzioni migliori. Anche la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha più volte auspicato un miglior coordinamento del sistema fieristico italiano, «con meno fiere, ma più significative».
Il sistema, tutto sommato, è però riuscito a tenere testa alla crisi. Secondo un rapporto del Comitato Fiere Industria, organizzazione che aggrega oltre la metà dello spazio espositivo allestito e degli espositori che partecipano alle esposizioni in Italia, le fiere associate hanno chiuso il 2009 con flessioni abbastanza contenute rispetto alla media: -9,7% gli spazi netti, -5,6% gli espositori e -5% i visitatori. Ecco perché il problema che affligge le fiere di Milano, Bologna, Torino e Verona non è tanto come risollevarsi dal fuggi fuggi generale di buyer e aziende che, smentendo le previsioni nere dell’inverno scorso, fortunatamente non si è verificato. Bensì è rappresentato dalla ben più complessa dinamica di mercato che si è innescata fra i tre-quattro grandi poli fieristici settentrionali. Una guerra fra omologhi e vicini di casa, spesso combattuta in nome del localismo da ottimi giocatori a cui però manca una visione d’insieme per diventare fuoriclasse e presentarsi all’Europa e al mondo senza sfigurare. «La segmentazione del panorama fieristico è la conseguenza del mancato coordinamento che avrebbe dovuto portare alla definizione di una strategia di sistema – fa notare il presidente Gian Domenico Auricchio –. Sarebbe prioritario, soprattutto al nord, abbracciare una prospettiva di medio lungo termine che abbia come punto centrale l’effettivo interesse delle imprese che devono competere nel mercato internazionale. L’attuale impianto normativo, che ha affidato alle Regioni la competenza esclusiva sulla materia, richiede l’intervento di una Cabina di Regia governativa per ottimizzare le risorse e razionalizzare l’offerta fieristica di livello internazionale».
Un’idea che non dispiace nemmeno ai produttori: «È indispensabile – spiega Giancarlo Losma, presidente di Ucimu Sistemi per produrre – che sia stabilito a livello nazionale quali sono le fiere di riferimento. La sovrapposizione di un numero esagerato di manifestazioni non può che fare male anche alle imprese, che possono essere tratte in inganno dall’importanza dell’una e dell’altra kermesse».
Mentre il sistema fieristico mondiale diventa sempre più multipolare e l’Europa – e con essa l’Italia – perde progressivamente la sua centralità, lungo le direttrici del triangolo Milano-Verona-Bologna un ristretto numero di grandi società si confronta con durezza e una rete di operatori medi e piccoli cerca di occupare ogni spazio disponibile rimasto. «Non dimentichiamo – aggiunge Enrico Pazzali, amministratore delegato di Fiera Milano – che in Europa oggi ci sono quattro o cinque grandi centri fieristici che dominano il mercato. E che, ormai, in ogni specifico segmento a contare sono solo i primi tre eventi».
Fare sistema, dunque. Senza se, e senza ma. Anche perché le competenze degli organizzatori fieristici, lo dimostra ciò che sta già avvenendo in Francia e in Germania, saranno sempre più orientate all’esportazione dei marchi fieristici, anche in forma aggregata. Il dilemma, fra le città “padane”, rimane quindi come interpretare la parola “aggregazione”, senza cedere in riconoscibilità e senza slabbrare i legami col proprio territorio di riferimento. Milano, per esempio, oltre a essere stata designata come sede Expo, da tempo è accreditata con la sua fiera per la moda con diversi appuntamenti nel corso dell’anno per la presentazione delle collezioni uomo e donna, per il turismo con la Bit, per la tecnologia con lo Smau e, da alcuni anni, con il Futurshow, strappato alla fiera di Bologna (ma anche per Artigianato in Fiera, Macef e Micam). E se a Torino è famosissima la fiera del Libro che si svolge tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, è Bologna il grande centro fieristico dell’Emilia con il suo evento più importante, il Motor Show, al quale si abbinano altrettante occasioni di affari e di esposizione per il settore automotive (Autopromotec), meccanico (Lamiera), della sanità (Cosmofarma ed Exposanità), dei pellami (Lineapelle), dell’arredamento e della scuola. Tutt’intorno decine di altrettanto importanti appuntamenti localizzati in prossimità dei territori che spesso danno anche origine alle produzioni esposte. La lista è lunga quanto la geografia della valle del Po. Parma (alimentare e meccanica con Cibus e, fra le altre, Eurostampi), Rimini (alimentare con Mia, arredamento con Sun e fitness con RiminiWellness), Vicenza (Luxury & Yacht), Venezia (Salone nautico), Brescia (alluminio con Metef e meccanica con Mu&UP), Riva del Garda (calzature con Schuh), Bolzano (Klima Energy).
Se nel corso del 2010 le fiere che assumeranno caratura internazionale saranno ben 204, dieci in più rispetto al 2009 (la stima è di Cfi, confermata anche da Aefi), con un incremento di oltre 80mila espositori e, quel che più interessa, una crescita dei visitatori stimata in un promettente +10 per cento, tre quarti di esse si svolgeranno non più a sud della linea Carrara-Pesaro. Ed è sempre Milano a dettare il ritmo, giocando da pivot in vista dell’Expo: «Il 2009 è stato complesso e i conti risentono pure delle numerose iniziative che abbiamo messo in campo per contrastare gli effetti dell’avversa congiuntura e crearci le condizioni per riprendere la strategia di espansione – puntualizza Pazzali–. La crisi per noi è finita e abbiamo riavviato il processo di crescita, anche se i numeri non potranno tornare agli anni migliori. L’esercizio in corso – prosegue il Ceo di Fiera Milano – è quello del ritorno all’utile e della crescita degli spazi occupati in vista del grande appuntamento del 2015».
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