
Ultima chiamata per le fiere
Rimini contro Bologna. Parma contro Milano. Milano contro Verona. Pensate a una contrapposizione, sullo scacchiere frantumato delle manifestazioni fieristiche italiane, e di certo ci azzeccherete. Il fitness lo faccio io, no lo faccio io. Di cibo mi occupo io, no lascia stare che ci sono già io. Idem dicasi per le macchine industriali e per mille altri capitoli dell’Italia in esposizione.
Mercoledì al Salone del mobile la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha auspicato un miglior coordinamento del sistema fieristico italiano, «con meno fiere, ma più significative».
Politica e impresa stanno elaborando le prime contromisure per un settore che, in generale, non se la passa troppo male. Secondo un rapporto del Cfi – Comitato Fiere Industria che aggrega oltre la metà dello spazio espositivo allestito e degli espositori che partecipano alle fiere in Italia – le fiere associate hanno chiuso il 2009 con flessioni abbastanza contenute: -9,7% gli spazi netti, -5,6% gli espositori e -5% i visitatori. Il problema è rappresentato dalla dinamica di mercato che si è innescata fra big player, che pur di guadagnare fette di mercato non esitano a pensare a manifestazioni fotocopia, magari organizzate negli stessi giorni, in grado di strappare espositori e visitatori agli altri. Dice Duccio Campagnoli, assessore alle attività produttive dell’Emilia Romagna e coordinatore del dossier fiere della conferenza Stato-Regioni: «Bisogna fare finire il dumping. Ci sono troppe iniziative organizzate con l’obiettivo di prendere i clienti ai competitor, senza una adeguata attenzione ai guadagni. Non è più sostenibile. È anche per questo, oltre che naturalmente per la crisi, che molte fiere hanno visto cadere i loro margini di redditività». C’è, poi, nel discorso sulla razionalizzazione del mercato italiano, il rapporto fra i nostri big player e i concorrenti internazionali. Tutti soggetti in grado di muoversi sui mercati finanziari e di ragionare con logiche industriali. «Non si può dimenticare – dice Enrico Pazzali, amministratore delegato di Fiera Milano – che in Europa oggi ci sono quattro o cinque grandi centri fieristici che dominano il mercato. E che, ormai, in ogni specifico segmento a contare sono i primi tre eventi. In ogni ragionamento sulla razionalizzazione del settore, questo non va sottovalutato». Un altro elemento da non trascurare è costituito dal profluvio di manifestazioni di medie e di piccole dimensioni. «È indispensabile – spiega Giancarlo Losma, presidente di Ucimu Sistemi per produrre – che sia stabilito a livello nazionale quali sono le fiere di riferimento. La sovrapposizione di un numero esagerato di manifestazioni non può che fare male anche alle imprese, che possono essere tratte in inganno dall’importanza dell’una e dell’altra kermesse». Tuttavia la frammentazione del mercato non è soltanto data dalla politica agguerrita delle grandi società e dalla nascita di mille e una fiera, esaltazione di un localismo che ha trovato nella riforma del Titolo V della Costituzione una sua ricaduta inattesa. Esiste anche un livello territoriale più antico. «Le piccole fiere espressione di enti pubblici – dice Silvio Oldani, direttore di Lario Fiere – hanno avuto uno sviluppo graduale. Gli investimenti sono stati sufficienti per garantire la crescita, ma sono stati avveduti». Dunque il settore, che rappresenta un pezzo comunque essenziale del sistema economico italiano, appare segnato da un numero ristretto di grandi società che si confrontano con durezza e da una rete di operatori medi e piccoli che cercano di occupare ogni spazio possibile.
«È imminente – ricorda Giandomenico Auricchio, presidente del Comitato Fiere Industria – la firma di un protocollo per un tavolo di coordinamento fra il ministero dello Sviluppo economico e i protagonisti del settore». Nessuno vuole tornare al calendario nazionale bloccato che vigeva prima del 2003. Ma, un po’ più di ordine, servirebbe. «Non possiamo lasciare gli operatori nell’attuale disorientamento. Né quelli nazionali, né quelli stranieri», conclude Auricchio.
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