
Verona rullo compressore
La corazzata Verona guida come sempre il gruppo, con 82 milioni di fatturato, ma nel panorama degli enti fieristici veneti è Vicenza ad aprire l’anno all’insegna di novità che suonano come una rivoluzione. Nuovo presidente, nuovo Cda e una società nuova di zecca nata dalla fusione tra l’immobiliare e l’operativa. Il passaggio non è stato facile, considerati i coltelli che volano da tempo nei potentati economici e amministrativi della provincia, ma alla fine il grande regista, nemmeno troppo occulto berica, Vittorio Mincato, dalla plancia di comando della Camera di commercio, ha trovato la giusta mediazione. Roberto Ditri è il nuovo presidente ma anche amministratore delegato con poteri particolarmente ampi rispetto alle gestioni passate.
A.d. della MarelliMotori che nel vicentino ha un stabilimento molto efficiente, uomo guida nella promozione della lean production (modello produttivo snello di origine giapponese), Ditri avrà l’impegnativo compito di ritarare l’ente secondo linee e necessità tutte nuove. Il progetto della nuova Fiera, nato in epoca di vacche grasse per l’oreficeria che rappresenta sostanzialmente la monocultura dell’ente, è stato bloccato dai ricorsi al Tar legati all’appalto ma questa, forse, è stata una piccola fortuna. Impensabile, con la situazione attuale dell’industria orafa, un progetto di quel tipo : bisognerà ridiscutere tutto anche se la mission resta quella di mantenere la leadership mondiale in questa nicchia espositiva. Il problema è che le strutture, a cominciare dalla sicurezza, richieste da una mostra orafa mal si adattano ad altre iniziative espositive e quindi bisognerà far quadrare i costi con un’attività anche indiretta ma di respiro annuale. Qui nasce il problema delle alleanze che è un po’ la storica croce che affligge le fiere venete.
Si è visto chiaramente che un qualsiasi tentativo di imporre una soluzione dall’alto non può avere speranze di successo. Una volta chiarito che PadovaFiere fa un discorso autonomo nell’ambito dell’attività del gruppo francese GL events cui fa capo, non resta che cercare alleanze produttive dal basso lavorando sui filoni di interesse, sulle sinergie e sugli scambi operativi. Un percorso difficile a giudicare dalle prime esperienze. Lo scambio al’insegna del lusso e del vino fra Vicenza e Verona non ha dato esattamente i risultati sperati. O meglio li ha dati solo a Verona e gli altri ora temono una sorta di cannibalizzazione. D’altra parte Verona non può certo fermare la sua corsa. Ha appena varato un piano industriale importante che vale oltre 70 milioni di investimenti, ha una presenza sempre più massiccia sull’estero anche con partnership operative, e non solo come vetrina promozionale, punta a superare i 100 milioni di fatturato nel giro di tre anni, compete con i grandi enti europei e mondiali con una formula basata sulla produzione autonoma di rassegne.
Ettore Riello, arrivato da pochi mesi alla presidenza, ha già fatto capire di avere idee molto chiare sul futuro da costruire sulla solida base realizzata dal direttore generale Giovanni Mantovani in questi anni. Anche Verona, però, ha un sassolino nella scarpa, che porta diritto a riprendere il discorso delle alleanze e delle aggregazioni a livello veneto. Il sassolino si chiama VeneziaFiere, società partecipata in buona compagnia ma con l’obiettivo non nascosto di arrivare al controllo. VeneziaFiere, in realtà, non brilla per operatività, deve vedersela in alcuni settori chiave come la nautica con la concorrenza molto vivace di ExpoVenice, ma è il grimaldello per promuovere esposizioni in un’area tra le più conosciute ed amate al mondo. Ci sono già alcuni contenitori storici importanti come Forte Marghera o l’Arsenale, ma sta per nascere a Tessera, a due passi dall’aeroporto, un contenitore tutto nuovo e prestigioso. Verona sa che non sarà facile arrivarci ma Venezia ha bisogno di know-how ed il matrimonio, stavolta, potrebbe riuscire al meglio.
claudio.pasqualetto@ilsole24ore.com
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