
A Firenze più buyer e fiducia nella ripresa
Leggero aumento dei visitatori rispetto a un anno fa ma, soprattutto, maggiore entusiasmo degli espositori e fiducia nell’avvio della ripresa. Si chiude così Pitti Uomo numero 77, la prestigiosa rassegna internazionale di moda maschile che da martedì a ieri ha “invaso” la Fortezza da Basso di Firenze con le collezioni per l’autunno-inverno 2010-2011, presentate da 765 aziende (con 936 marchi, di cui 305 esteri).
«Si è visto l’entusiasmo di un nuovo inizio, la moda internazionale è ripartita da qui» commenta Raffaello Napoleone, amministratore delegato della società organizzatrice Pitti Immagine, sottolineando come i compratori siano passati dai 22.700 del gennaio 2009 a quasi 23.300, di cui oltre 7mila dall’estero, più o meno come un anno fa. Il ritorno in grande stile dei buyer stranieri non c’è quindi stato, probabilmente perché tutti i department store e le grandi catene hanno ormai ridotto il numero di buyer e di trasferte. In più ci si è messo il maltempo, che ha provocato l’annullamento di qualche volo. I nomi più importanti però c’erano tutti, sottolinea Napoleone, che precisa: «Molto bene Usa, Russia, Francia, Cina e Hong Kong, Spagna, Turchia, Corea, Danimarca e Norvegia; un po’ in calo Germania, Giappone e Gran Bretagna». Dunque, tre dei principali mercati di riferimento dell’industria italiana della moda maschile danno ancora segnali di stagnazione.
Sul fronte fieristico, invece, ha superato l’esame il restyling avviato dalla designer Patricia Urquiola nel piano inferiore del padiglione centrale, che proseguirà ai piani superiori nelle prossime edizioni, con l’intento di dare un contenitore più giovane e più fresco alle collezioni dei marchi di abbigliamento formale, che nelle ultime stagioni hanno sofferto più dello sportswear e del casualwear. La strategia di Pitti Immagine punta a rivitalizzare questo segmento, che resta il fiore all’occhiello della manifattura italiana, un patrimonio che difficilmente potrà essere “clonato” all’estero. L’abbigliamento formale, peraltro, ha determinato la nascita stessa di Pitti Uomo, ma oggi è il comparto che conta le maggiori defezioni dei grandi marchi, inclini a seguire altre strategie di promozione. Dopo Hugo Boss, Ermenegildo Zegna e Canali, questa edizione di Pitti Uomo ha segnato l’assenza della Forall (marchio Pal Zileri), che due anni fa ha aperto il capitale alla multinazionale egiziana Harafa Holding, e del gruppo aretino Inghirami, che con i marchi Sanremo, Ingram, Fabio Inghirami e Reporter è una delle grandi aziende italiane dell’abbigliamento maschile, presente a Pitti Uomo fin dalla prima edizione del 1972. Lo scomparso Fabio Inghirami – che nel 1949 fondò una fabbrica di camicie a Sansepolcro (Arezzo), dando avvio al gruppo diventato una delle maggiori realtà europee del tessile-abbigliamento (uno dei pochi che presidia ancora l’intera filiera) – fu uno dei fondatori della manifestazione fiorentina. Oggi il gruppo aretino, presieduto da Giovanni Inghirami, presenterà la sua collezione Fabio Inghirami a Palazzo Acerbi a Milano. Segno che le strategie aziendali stanno cambiando, e che le fiere sono chiamate a evolvere.
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