
Robotica a prova di copia
MILANO
A Gazzada Schianno (4.500 abitanti vicino a Varese) Ezio Colombo costruisce robot. Con buon successo sui mercati internazionali, dove piazza il 90% delle sue macchine, ma anche con parecchia amarezza.
Racconta il presidente della Ficep: «Un milione al secondo, euro più, euro meno. Per quattro secondi abbiamo infatti perso il credito d’imposta su 3,8 milioni di euro, i nostri investimenti in ricerca del 2008. Nel senso che siamo appunto stati esclusi dai sostegni all’innovazione in seguito al famigerato meccanismo del “click day”, nato come una semplificazione e, nei fatti, dimostratosi un boomerang per 22.500 aziende».
Eppure, nonostante tutto, nel Varesotto continuano a investire: «Lo sa – prosegue l’imprenditore meccanico – che alla rassegna internazionale del settore svoltasi a Milano non abbiamo esposto i nostri ultimi macchinari? Abbiamo messo un cartello». Che diceva: chi è interessato si può registrare e verrà accompagnato in pullman nei nostri stabilimenti. Quasi 200 clienti, più di quelli che hanno visitato lo stand, hanno aderito.
Il motivo di tanta riservatezza? «Le macchine Ficep vengono copiate non solo dai cinesi, ma anche dai nostri concorrenti europei. Un’azienda olandese ha detto a un operatore internazionale che loro avrebbero fatto sempre un euro in meno dei nostri prezzi perché non spendono in ricerca e sviluppo come facciamo noi».
In effetti a Varese investono almeno da tre a cinque milioni l’anno per innovare i macchinari, riuscendo quasi sempre a conquistare anche i fondi messi a disposizione di Bruxelles (pur scontando il fatto che arrivano in ritardo). Fino al 2002 gli aiuti alla ricerca hanno funzionato abbastanza bene: «Poi la situazione è precipitata», argomenta Colombo.
È successo questo. Prima della «semplificazione burocratica» le aziende potevano usufruire della legge 46 sull’innovazione che valutava i progetti di ricerca nel merito: «Ebbene, nel 2002 – continua l’imprenditore – abbiamo fatto domanda per ottenere dei contributi su un programma di ricerca pari a 4,9 milioni di euro. La pratica è andata a buon fine ed è stata approvata. Con un piccolo dettaglio. Che non abbiamo ancora visto neanche un euro». La motivazione? Semplice: «Sono finiti gli stanziamenti. Insomma a Milano si dice “Se l’indovini la sbagli”. O, per usare una vecchia canzone di Antoine, presentata a Sanremo, “Qualunque cosa fai sempre pietre in faccia prenderai”. Però così arretriamo rispetto ai nostri competitori. Per vincere oggi il prezzo non basta più. Ci vuole l’innovazione, altrimenti non potremo resistere a lungo su un mercato così ostico».
F. V.
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