
«Gioco di squadra per la ripresa»
«Il momento decisivo per capire la portata della crisi economica sarà il prossimo ottobre. Solo allora il quadro sarà più nitido. E io ho molto timore per la domanda interna». Per Ruben Palazzetti, 59 anni, amministratore delegato dell’omonima azienda di Porcia (Pn) ai vertici nazionali ed europei nel settore caminetti, stufe e caldaie a pellet, questo primo scorcio di 2009 non autorizza previsioni, «anche se – precisa – l’azienda è partita bene grazie al lancio di nuovi prodotti e sulla spinta dell’internazionalizzazione».
Signor Palazzetti, il suo Pordenonese, dati di Confindustria alla mano, è quello che a livello regionale sembra più risentire della congiuntura. Perchè?
Per più circostanze collegate alla vocazione economica del territorio. Scontiamo, in particolare, le difficoltà del mobile, qui fortissimo, dovute al crollo dei mercati dell’Est, così come quelle dell’idromassaggio e della subfornitura, legata all’automotive. Poi, certo, pesa anche la situazione di un’azienda-faro come Electrolux.
Sono forti anche i timori per l’occupazione. Dopo la Cig c’è il rischio che molte persone restino a casa?
Bisognerà capire se e quando saremo in grado di riassorbire la sberla subìta nel manifatturiero. Temo di sì, comunque. In prospettiva bisognerebbe cercare altre strade per riassorbire gli esuberi, potenziando magari la vocazione turistica del territorio con un’offerta integrata culturale, paesaggistica ed enogastronomica.
In momenti come questi lei ritiene che l’individualismo delle nostre Pmi possa frenarne la ripresa?
È possibile, perchè l’invidualismo spesso frutta poco e la crisi si batte con il gioco di squadra. Almeno a livello di fiere e per abbattere i costi soprattutto le aziende più piccole dovrebbero consorziarsi.
Operazione non facile.
Confermo e le porto un esempio legato al mio ramo d’attività. In Austria 12 produttori di caldaie a pellet si sono consorziati per acquistare dei boschi allo scopo di gestire meglio rialzi e ribassi del combustibile. Una proposta che ho formulato anch’io ad alcuni colleghi lo scorso anno e che finora non ha portato a più di qualche colloquio.
Ha toccato il tema dei costi energetici, da noi molto elevati. Viviamo però in un Paese che ha detto no al nucleare, in cui si litiga sui rigassificatori e si avanzano dubbi anche su alcune fonti alternative. È un problema di cultura?
Senz’altro. Basti pensare che in Italia le stesse centrali a biomasse con emissioni controllate vengono contestate e che una quarantina di esse sono state chiuse. Bisognerebbe che lo Stato facesse sentire il suo peso, supportando con una migliore informazione certi tipi di rinnovabili.
Anche per il pellet la dipendenza dall’estero è notevole?
Sì. Il combustibile arriva soprattutto dall’Austria e dall’Est Europa. La beffa è che in Italia le aree boschive stanno aumentando, ma si lasciano marcire. Servirebbero delle centrali di produzione, da realizzare magari con interventi misti pubblico-privati per consentire la gestione di numerosi terreni incolti.
Veniamo alla sua azienda. Lei ha definito «dinamico» questo difficile 2009: cosa significa?
Significa che siamo partiti già con i correttivi giusti. Ad aiutarci, paradossalmente, è stato il fatto che il nostro settore era entrato in crisi già nel 2007 per il rincaro del pellet, con forti contrazioni su mercati strategici come quello tedesco (-45%) e italiano (-25%).
Come avete corretto la rotta?
Anticipando l’uscita di prodotti più performanti ed ecologici a un prezzo più basso, preso atto che il potere d’acquisto del consumatore è sceso del 20-25% negli ultimi anni. E aggredendo, poi, nuovi mercati con prodotti che tenessero conto delle diverse legislazioni regionali.
Lei guida un gruppo con oltre 400 dipendenti nelle quattro unità produttive di Porcia e in quella di Zoppola: da fuori che cosa arriva?
Posso dire con orgoglio che tranne qualche piccola componente in ghisa tutto viene assemblato nel Pordenonese, dove sosteniamo anche un indotto. Gli stessi software vengono realizzati da noi e poi commissionati in Italia, Svizzera e Germania. Siamo del resto molto attenti sul fronte della ricerca e sviluppo, per cui spendiamo il 4-5% del nostro fatturato.
Sul piano economico non avere delocalizzato ha pesato?
Fino a un certo punto. Perchè lavorare qui ci consente diverse velocità di risposta e progettazione. Certo, il confronto con Paesi che garantiscono costi energetici e oneri fiscali diversi rischia di diventare sempre più difficile.
L’export incide per il 40% sui vostri ricavi, ora a quota 80 milioni. È sufficiente?
No. Dalle esportazioni intendiamo ottenere il 60% dei ricavi. Per questo scommettiamo sulla maturazione del mercato statunitense, viste anche le politiche di Obama e la spinta al risparmio energetico. Per ora conta essere lì, visto che l’economia ripartirà da dove si è bloccata.
Palazzetti si occupa anche dei settori giardino e barbecue, oltrechè di rivestimenti in marmo. Quale ramo d’attività ritiene possa crescere maggiormente?
In proporzione, quello del barbecue e tempo libero, sostenuto da una crisi che porta da tempo le famiglie a ridurre le uscite nei fine settimana.
Questo sarebbe anche un ottimo momento per lo shopping.
Vero. Ma noi abbiamo già rilevato una realtà come Royal un paio d’anni fa per produrre stufe di fascia più bassa, su cui stiamo ancora lavorando per fare più numeri e organizzare una distribuzione diversa.
C’è qualche nuovo ramo d’attività a cui state pensando?
Guardiamo ai sistemi di riscaldamenti integrati con pannelli solari, fotovoltaico, ecc. Un business da realizzare in sinergia con altri produttori.
m.pizzin@ilsole24ore.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La strategia
L’impresa punta sui mercati esteri grazie alla produzione di articoli su misura
I limiti La diffusione del riscaldamento con il pellet in Italia è condizionata anche dalla necessità di approvvigionarsi all’estero
La Borsa
Il Gruppo non ha finora preso in considerazione l’ipotesi di farsi quotare o di aprirsi ai fondi
Le difficoltà del Pordenonese
Si scontano i problemi di filiere strategiche come quella del mobile, con il crollo dei mercati dell’Est, o della subfornitura, legata all’automotive. Pesa, poi, il momento di un’azienda-faro come Electrolux
Produzione in provincia
Tranne qualche componente in ghisa i prodotti sono assemblati nelle unità produttive di Zoppola e Porcia (nella foto, la sede centrale). Non avere delocalizzato ci garantisce diverse velocità di risposta e progettazione
Il nodo del combustibile
Il pellet per i nostri impianti proviene in gran parte dall’estero. La beffa è che in Italia le aree boschive stanno crescendo ma vengono lasciate marcire. Servirebbero delle centrali di produzione pubblico-private
L’investimento da realizzare
In chiave futura potremmo essere interessati ad entrare nei sistemi di riscaldamento integrati con pannelli solari o al fotovoltaico: un business che potremmo realizzare in sinergia con altri produttori