Rassegna stampa

Sesto, Porta Vittoria e City sotto la lente delle banche

Milano ci ha messo la faccia in vista dell’Expo 2015. Roma li ha presi a modello per sottolineare l’efficacia del nuovo piano regolatore. Ovvio che di fronte a progetti di sviluppo immobiliare come Citylife, Porta Vittoria, Sesto San Giovanni oppure, nella capitale, Porta di Roma qualsiasi piccolo nodo da sciogliere provochi qualche sussulto: soprattutto quando questi problemi possono causare ritardi nella realizzazione dei progetti, sui quali scommettono le amministrazioni comunali.
I permessi di Porta Vittoria
Il caso principe è Porta Vittoria, a due passi dal centro di Milano: progetto per il quale, nel piano industriale di fine 2005, veniva previsto il termine dei lavori entro il dicembre 2008. Telenovela dove le sorprese sono all’ordine del giorno: ma l’ultima offerta della famiglia Segre su Ipi ha sparigliato le carte.
Le banche, fino ad oggi, si sono rifiutate di finanziarne la realizzazione a causa della presenza di Danilo Coppola nell’azionariato di Ipi. Ne sa qualcosa il manager Franco Tatò, che in qualità di Ad di Ipi ha provato a mettere una pezza alla situazione: prima riottenendo i permessi ormai scaduti da Palazzo Marino, quindi contrattando con la ditta di costruzioni Colombo la ripresa dei lavori. Le risorse per realizzare, in parte, il progetto sono arrivate dall’aumento di capitale: ma i soldi potrebbero non bastare, a meno che, durante la realizzazione, non vengano venduti singoli asset come ad esempio la struttura alberghiera.
Tuttavia aleggia un interrogativo: la famiglia Segre avrebbe lanciato l’Opa in piena sintonia con Coppola. E c’è un particolare: il veicolo costituito per l’offerta dalla famiglia torinese non prevede sviluppi immobiliari, ma trading. Tanto che l’ipotesi che circola è che proprio Porta Vittoria, da sempre pallino di Coppola, potrebbe essere scorporata e consegnatta all’immobiliarista: scenario suffragato anche da un altro elemento. Ipi deve infatti a Coppola 80 milioni e la cessione di Porta Vittoria potrebbe essere parziale contropartita. Resta da capire l’atteggiamento delle banche a un rientro sulla scena dell’immobiliarista sul progetto milanese. Insomma, la situazione pare in evoluzione: una delle certezze è il probabile addio di Tatò. Nel 2007, all’atto dell’arrivo nella società, una delibera del Cda di Ipi aveva stabilito le modalità (anche economiche) dell’addio del manager in caso di riassetto azionario. E ora quel momento pare giunto.
CityLife, banche al lavoro
Dovrebbero concludersi in estate le trattative fra gli investitori (Generali Properties, Ras, Fonsai, Lamaro Appalti) e le banche finanziatrici di CityLife: pool capitanato dalla tedesca EuroHypo con la presenza di UniCredit, Intesa Sanpaolo, Calyon, Popolare di Milano e Mediobanca, anche advisor dell’operazione. I costi del progetto, alla luce della revisione della convenzione stipulata con il Comune (che prevede la linea 5 del metro e maggiori volumetrie), hanno evidenziato una crescita del 10%, tetto sul quale era stato stipulato il precedente contratto di finanziamento. Quindi ci sarà una nuova iniezione di risorse, una volta conclusa la trattativa con le banche, con un intervento diretto degli azionisti e grazie alla capacità di autofinanziamento del progetto.
Lo sviluppo resta uno dei più validi a Milano, quanto meno per la solidità degli investitori. Tuttavia ci sono alcuni piccoli nodi: l’iniziativa viaggia con un ritardo di circa 18 mesi sulla tabella di marcia con i relativi oneri finanziari che si vanno ad aggiungere. E c’è poi il nodo dei soft cost, cioè i compensi degli architetti e dei professionisti: spese meno gradite alle banche finanziatrici e che, soprattutto nelle fasi iniziali, sono molto elevate.
L’iniziativa ha, sicuramente, un peccato originario. Nel 2004 l’acquisto dell’area dalla Fondazione Fiera, che aveva bisogno di finanziare Rho-Pero, era stato molto caro: 523 milioni. È prevedibile, dunque, che i rendimenti per gli investitori non saranno altissimi, anche stimando prezzi di vendita di un certo livello: ad esempio, 8mila euro al metro quadrato per il residenziale. Nel frattempo, le deleghe ordinarie e straordinarie del Cda sono state trasferite all’ad Claudio Artusi che affianca nel board il presidente Maurizio Dallocchio.
I nodi di Risanamento
C’è, infine, da capire cosa sarà del progetto di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. La costituzione di un fondo, dove le banche (Intesa San Paolo in particolare) faranno confluire 300 milioni di debiti convertendoli in equity sembra più che altro un’operazione cosmetica volta a salvare il credito vantato dagli istituti e a posticipare un problema nel tempo. Ora viene il difficile: visto che sarà necessario il finanziamento, per far partire un progetto che fra bonifica e altri oneri costerà ulteriori 200 milioni con la previsione di tempi biblici.
«Per realizzare un progetto del genere ci vorrebbe la Pirelli Real Estate dei vecchi tempi» fa notare un operatore del settore. Secondo indiscrezioni dovrebbe, invece, essere scelta la Castello Sgr, una società di gestione partecipata da Mittel, che fino ad oggi si è fatta notare per operazioni medio-piccole tra il Trentino e la Toscana. Un impegno non semplice su un’area che, finora, ha sempre visto la resa di chiunque si sia avvicinato con qualche velleità: prima il gruppo Pasini e, poi, la Risanamento di Luigi Zunino.
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Su Casa&Case la mappa dei cantieri a Milano

IN PRIMA LINEA

260 milioni
Investimenti per Porta Vittoria
Le risorse nel piano industriale
470 milioni
I ricavi previsti
Il fatturato ottenibile dalle vendite
1,6 miliardi
Il finanziamento su CityLife
Il prestito del pool bancario
523 milioni
Il prezzo per la Fiera
Quanto pagato per l’area nel 2004
300 milioni
Il fondo di Sesto San Giovanni
Il debito convertito dalle banche
200 milioni
I capitali freschi necessari
Mezzi per bonifica e altre opere

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