Rassegna stampa

La grande fiera dell’autoironia

Compie quest’anno 40 anni; 40 anni di ascesa che ne hanno fatto la maggiore fiera d’arte contemporanea. A confermarlo è il fatto che ha saputo sfidare la crisi odierna con successo. Banco di prova per le più prestigiose gallerie del mondo – trecento, selezionate tra oltre 1.100 candidate, che rappresentano a loro volta le gallerie più importanti dello scenario internazionale – Art Basel ha dimostrato che serietà e sobrietà possono pagare. I galleristi si sono infatti adeguati alla situazione sia adottando una più attenta politica dei prezzi, sia, soprattutto, proponendo opere selezionate con rinnovato rigore; si è visto un po’ meno Damien Hirst, insomma, ma in cambio spiccavano pezzi sofisticati come quelli di On Kawara, di Tetsumi Kudo (da Andrea Rosen), o come un Miroslav Balka del 1991 riemerso dai magazzini di Klaus Nordenhake proprio ora che l’artista sta per realizzare un intervento nella Turbine Hall della Tate Modern. È così che le gallerie hanno saputo convincere i collezionisti; i quali sia per quanto riguarda l’arte moderna, sia per quanto riguarda il contemporaneo in senso stretto, hanno risposto con enfasi accantonando remore e resistenze e acquistando sin dai primi minuti della preview. Il pubblico di esperti, d’altra parte, è apparso meno eterogeneo e decisamente più europeo rispetto alle edizioni scorse; presenti i grandi appassionati, saldi nella loro vocazione; mentre la defezione è avvenuta tra chi in passato si era mosso spinto soprattutto da intento speculativo.
Ha rappresentato le ultimissime tendenze il settore Art Statements, in cui 27 gallerie emergenti di tutto il mondo hanno presentato progetti di singoli artisti, per lo più appositamente realizzati. Qui la sensazione è stata quella di un understatement sofisticato, ma anche di una certa esangue autoreferenzialità. Le opere più pregnanti si trovano invece, come sempre, nella sezione Art Unlimited: circa 60 installazioni di dimensioni museali, molte delle quali, quest’anno, notevolissime per qualità e impegno. Ben 11 di queste vedono coinvolti artisti o gallerie italiani: ci sono Giovanni Anselmo presentato da Tucci Russo, Torre Pellice/Torino, Elisabetta Benassi presentata dal Magazzino D’Arte Moderna di Roma, Vincenzo Castella da Studio La Città, Verona, Nathalie Djurberg da Giò Marconi e Sterling Ruby da Emi Fontana, entrambi di Milano, e Nedko Solakov da Massimo Minini, Brescia; ben tre eccezionali installazioni, di Chen Zhen, Hans Op de Beeck e Pascale Marthine Tayou, sono state proposte dalla Galleria Continua di San Gimignano. Stupisce trovare qui, nel tempio del mercato, un acuto, esilarante intervento di Gabriele Di Matteo presentato con successo dalla Galleria Pepe Cobo, di Madrid (con il supporto di Federico Luger, Milano); facendo ricorso a pittori commerciali, Di Matteo mette in campo una critica demistificante nei confronti del sistema dell’arte; evidentemente a Basilea ci si sente abbastanza sicuri di sé da potersi consentire una salutare autoironia. Va notato che anche nelle altre sezioni le presenze italiane sono numerose e spiccano per rilevanza: nel settore Art Première, per esempio, sono stati presentati lavori storici di Mario Merz (Tucci Russo) nonché l’eccezionale opera Violated Bars di Gino de Dominicis del 1980 presentata da Lia Rumma; mentre nella sezione Art Statements ci sono Francesca Kaufmann di Milano e T293 e Fonti di Napoli.
E tra gli stand le gallerie italiane tengono il passo: oltre a quelle già citate, ci sono Alfonso Artiaco, Massimo De Carlo, Emi Fontana, Galleria dello Scudo, A arte Studio Invernizzi, Franco Noero, Noire Contemporary Art, Giorgio Persano, Raucci/Santamaria, Christian Stein, Tega, Zero. In conclusione: Art Basel ha superato le aspettative e ha costituito un momento importante: è stata la prima volta, in quest’anno difficile, che l’energia è tornata a circolare in una fiera, e questo è avvenuto nel nome di un’alta qualità. Difficile dire se si tratti di un fenomeno di vero e proprio rilancio del mercato o se sia stato soltanto un ammorbidimento momentaneo. D’altra parte si è notato come qui a Basilea, dove regole e ingerenze locali non valgano, le leggi del mercato consone a una fiera si coniugano con quelle della competenza e della ricerca visiva e artisti, collezionisti e galleristi si muovano liberamente secondo conoscenze, motivazioni e gusto intrinseci al trattare arte.
Ne risulta, anche per l’Italia, un panorama di rispetto, con artisti che si confrontano su un orizzonte di ricerca internazionale e con galleristi che si rivolgono a collezionisti dinamici, aggiornati, consapevoli: veri e propri globe trotter dell’arte ben equipaggiati per essere riconosciuti in circuiti felicemente sovranazionali.
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