Rassegna stampa

Nomine, la Lega alza il tiro

Fuochi di guerra leghista sul territorio. A giugno si vota due volte: Europee e Amministrative. E il Carroccio scalda i motori, alza il tiro, rinfocola la chiamata alle armi identitaria. All’insegna dell’efficacissimo claim territorio contro poteri forti, o anche solo milanesi.
L’ultimo petardo l’ha sparato ieri il sottosegretario all’Economia, Daniele Molgora, ala bresciana della Lega, in risposta al piano di A2A che investe 140 milioni su Brescia e sposta tre sedi. «Il nostro dissenso è totale – nota Molgora – perché non ci può bastare un semplice piatto di lenticchie. Forse la nostra colpa è rapportare queste notizie al piano d’investimenti 2006-2010 pari a 1,3 miliardi, che la nostra Asm varò pur sviluppando un fatturato di oltre due terzi inferiore rispetto a quello attuale di A2A. Insomma troppo amaro il boccone per essere digerito senza neppure alzare la voce».
Morale: per Molgora «è un risultato che mortifica e penalizza Brescia evidentemente succube e prona ad una Milano colonizzatrice che invece detiene ben salde le leve delle direzioni strategiche e operative». Ovviamente, dietro la tirata campanilista del sottosegretario s’intravede in controluce il vecchio revanchismo post fusione energetica. Una parte dei bresciani è convinta di essersi svenduta ai milanesi. E questo permette al Carroccio di giocarsi in chiave di sindacato del territorio, facendo pressioni per rimuovere Renzo Capra, espressione della vecchia amministrazione ulivista, e aprire un nuovo giro di nomine.
A2A a parte, c’è sempre il tormentone Expo 2015 a incombere. Per la Lega l’evento è strategico, significa poter gestire potere, appalti e quindi consenso sui prossimi sette anni. Il punto è che il sindaco Moratti ha tenuti fuori il partito di Bossi e il suo uomo, Leonardo Carioni, dal board di SoGe. Di qui la guerriglia scatenata dal presidente del collegio sindacale, Dario Fruscio, e l’allarme commissariamento lanciato dal sottosegretario Castelli, magari solo per spingere il sindaco di Milano al passo indietro dell’a.d. in pectore, Paolo Glisenti, che non piace a Tremonti e a Berlusconi ma neppure al Carroccio. Non a caso, ieri, mentre si sbloccava l’iter della ricapitalizzazione di SoGe, ha rotto gli indugi con Matteo Salvini: «Se Glisenti o chi per esso è uno dei problemi – ha spiegato il deputato Lumbard – trattandosi di uomini responsabili, penso che possano prendere in considerazione l’ipotesi che l’Expo ha la priorità su tutto e quindi fare un passo indietro».
Ma a loro volta Expo e A2A non sono le uniche partite su cui la Lega sta mettendo becco, questiona, frena, interviene alla vigilia del voto. La madre di tutte le partite è il rinnovo dei vertici di Fiera Milano, capofila di un’infornata di nomine che riguarda 43 poltrone nelle controllate della Regione. Tant’è vero che l’ipotesi che monta in queste ore è rinviare il risiko di Fiera dal 30 marzo al 30 giugno, cioè dopo il voto, quando verranno disegnati i nuovi rapporti di forza tra Lega-An-FI e, a sua volta, dentro il partito di Berlusconi tra laici e ciellini.

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