
Così le città del futuro
Non una crisi, ma almeno due. La parola crisi al singolare inizia a rendere solo parzialmente l’idea del macigno che pesa sul settore dell’edilizia e del design perchè, se alle difficoltà del settore immobiliare gli operatori del settore (avendo vissuto ciclicamente già altre fasi discendenti) non sono nuovi, è l’abbinamento con la crisi economica e lo scricchiolio strutturale a rendere esplosiva la situazione. Ed è con questo tema di fondo che si apre domani a Milano Fiera Rho «Made Expo» – acronimo di Milano architettura design edilizia – che calcherà le scene fino a sabato 7 febbraio.
Alla sua seconda edizione, Made rappresenta diversi settori, per un fatturato totale (calcolato a fine 2007) di 315 miliardi di euro. La stima è del Centro studi Cosmi/Federlegno Arredo su dati delle diverse associazioni e la parte del leone in termini di turnover è quella dell’industria delle costruzioni, con 152.609 milioni di euro. I servizi di architettura e ingegneria pesano per 19,8 miliardi, l’industria del cemento per 16,8, la fabbricazione di strutture metalliche per 17,1 miliardi e i prodotti in legno per l’edilizia per 8,5 miliardi. Difficilmente sparcellizzabile il resto, vale a dire almeno altri 100 miliardi di euro, divisi tra piastrelle e rivestimenti, macchine per l’edilizia, ponteggi e così via. Insomma le città del futuro dipendono da tutto questo. Gli interessi economici rappresentati in Made Expo sono tanto imponenti quanto vari, ma su tutti ha pesato in questi ultimi giorni la previsione di Confindustria di almeno 250mila posti di lavoro a rischio nel settore delle costruzioni e dell’edilizia, posti che verranno persi se non arriveranno in tempi brevi 7-8 miliardi di risorse pubbliche in opere cantierabili. «Il 2008 è stato un anno pesante per i nostri settori – spiega Rosario Messina, alla guida di Federlegno-arredo – e a livello edilizio si è proceduto al completamento dei cantieri in corso, con solo qualche sporadica nuova apertura. Tra 2008 e 2009 si parla di un crollo del 50% e, di conseguenza, le speranze degli operatori sono tutte concentrate sul fatto che il piano di infrastrutture previste dal Governo prenda avvio rapidamente. Stiamo attraversando una crisi economica che non abbiamo mai visto prima, nemmeno dopo le due guerre, perchè lì almeno c’era di che costruire». «Quello delle opere pubbliche è il settore sostanzialmente più in crisi – rincara la dose Claudio De Albertis, presidente di Assimpredil-Ance, organizzatore in Made di “Gettin better: quale futuro per il settore delle costruzioni?” (si veda anche pagina 9 di questo Speciale) – a causa delle lacune delle leggi finanziarie passate, visto che passano almeno 3-4 anni dagli stanziamenti alle erogazioni dei fondi».
De Albertis elenca una serie di elementi che formano una miscela esplosiva: il costo del denaro resta alto per le imprese; gli istituti di credito hanno comunque chiuso gran parte dei rubinetti nei confronti del settore immobiliare; la fiscalità è ancora troppo lontana dal l’obiettivo di porre sullo stesso piano l’investimento immobiliare e quello mobiliare; il valore fondiario delle aree è lievitato talmente tanto che ormai è superiore ai costi di costruzione; il prodotto casa costa ancora troppo. In particolare, su questo fronte De Albertis punta il dito sulla carenza di innovazioni nel processo costruttivo: «Le regole che condizionano i processi costruttivi sono le stesse di 50 anni fa», dice. E considerando che il settore delle costruzioni condiziona tutto il resto (non c’è design, non ci sono arredi, non c’è lavoro per gli studi professionali se non ci sono i cantieri) l’allarme alla vigilia dell’apertura di Made Expo è forte, considerando tra l’altro che il recente Macef di Milano ha sperimentato rinunce all’ultimo momento di numerosi espositori, disposti a perdere la caparra piuttosto che sostenere onerosi investimenti in stand.
Ma Messina, su questo fronte, mitiga gli allarmismi: «Gli espositori che hanno confermato sono più di 1.800 (distribuiti su 95mila metri quadri) – dice – e, considerando che quest’anno non abbiamo la parte del colore, abbiamo anche guadagnato. Inoltre pensiamo di mantenere alta l’affluenza dei visitatori, che l’anno scorso hanno superato i 170mila.
Gli operatori vengono a vedere, hanno bisogno di confrontarsi e i 70 convegni che abbiamo organizzato fanno di questa manifestazione un’occasione anche culturale». Ma c’è una ricetta per battere la crisi? «Tutto dipende da quanto dura» dice De Albertis. E Messina aggiunge: «Come sistema Italia abbiamo una forte possibilità di sbocco in Paesi emergenti come Turchia, Egitto, Marocco ed Europa del l’Est, dove molte imprese hanno già aperto cantieri. Calcolo che il peso dell’estero sarà presto almeno pari al 20%».
E conclude: «La ripresa del mercato interno richiederà qualche anno in più del previsto e occorre aggredire i mercati esteri. Noi imprenditori alle crisi e alle difficoltà siamo abituati e vogliamo guardare avanti. Sa, d’altra parte questo ottimismo va a braccetto con la quantità di mano d’opera che abbiamo sulle spalle». Già, perchè a detta di molti i 250mila posti a rischio citati sono solo la punta dell’iceberg se si prendono in considerazione tutti gli indotti. Con un operatore che aggiunge: «La gente non ci pensa, ma senza nuove case e costruzioni si ferma tutto: non solo il divano o il bagno nuovo, le famiglie non comprano più né pentole né elettrodomestici. Persino i gerani ne risentono».