
Tutto cominciò con un pellegrinaggio
Nel 1177 Papa Alessandro III concede a Venezia che chiunque si rechi alla Basilica di San Marco nel giorno dell’Assunzione ottenga l’indulgenza per i propri peccati. La passione religiosa muove le masse e dove c’è la massa si possono fare affari. I veneziani non ci mettono molto a capirlo ed ecco nel 1180 la fiera in piazza San Marco con i migliori artigiani in circolazione. Oggi sarebbe una fiera del lusso, basti pensare che fu durante la rassegna dell’Assunzione che qualche secolo dopo Antonio Canova esporrà Dedalo e Icaro impressionando i visitatori.
Dietro alle fiere contemporanee stanno mille anni di storia. Una evoluzione straordinaria fatta di santuari e grandi sfide internazionali. Nel 1927, ne Le città del Medioevo, Henri Pirenne associa la crescita delle fiere e delle città medievali addirittura con la nascita del capitalismo. Ma inizialmente le fiere hanno più a che fare con la cura delle anime che con quella delle tasche. Nel Medioevo la religione fascia ogni evento pubblico: «Un mondo – dice lo storico Franco Cardini – in cui ogni giorno dell’anno c’è un luogo del l’orizzonte cristiano in cui ricorre una celebrazione di un Santo, lo spostamento di una reliquia, una festa sacra». E come insegna il caso veneziano, il profano contamina il sacro e il giorno della chiesa diviene anche il tempo della compravendita.
L’Italia del Nord è punteggiata di mercati, al Sud spicca Bari. Tra l’XI e il XII secolo ci sono fiere a Parigi, a Colonia e in Inghilterra, dove nel Trecento della peste nascono addirittura fiere della manodopera, antesignane degli odierni saloni di lavoro e orientamento. Ma fino alla fine del Duecento le più importanti sono le fiere della Champagne, vere e proprie borse europee delle merci, punto di raccordo tra i traffici del Mediteranneo, in mano ai grandi mercanti italiani, e quelli dell’area tedesca.
Con l’evoluzione degli strumenti finanziari, del commercio marittimo e la nascita dello Stato moderno le fiere perderanno, però, il loro ruolo di grande motore economico e bisognerà aspettare l’Ottocento, con il suo bagaglio di fede nel progresso e di imperialismi, per arrivare all’ulteriore trasformazione delle antiche fiere in vetrine della scienza e della tecnica. E, nel caso delle grandi esposizioni, in confronti tra potenze. L’Esposizione di Parigi del 1855, voluta fortemente da Napoleone III, richiamò perfino la presenza della regina Vittoria d’Inghilterra. Nel 1881 quando in Italia si tiene l’Esposizione nazionale, ai giardini di Porta Venezia a Milano, a occupare i padiglioni sono industriali come Breda e Pirelli. In sei mesi i visitatori sono più di un milione, pronti ad ammirare “invenzioni” come l’asfalto e l’esotico “caoutchouc”. Nel 1906 l’Esposizione internazionale del Sempione conta 35mila espositori e 5 milioni e mezzo di visitatori. Poi arriverà la guerra…
Alla prima edizione della Fiera Campionaria di Milano del 1920, prima ancora del trasloco in Piazza d’Armi, si utilizzarono ancora stand di legno, gli stessi che avevano ospitato i profughi di Caporetto. Quanta strada per arrivare a Rho!