
Le buone carte del sistema espositivo
Con i calendari e le partecipazioni già fissate da tempo, negli ultimi tre mesi del 2008 la crisi non ha ancora avuto modo di far sentire i suoi effetti sul sistema fieristico italiano. Tuttavia è opinione diffusa tra gli addetti ai lavori che l’anno in corso e anche il successivo saranno duri. Secondo le indicazioni raccolte dall’Aefi tra gli associati, infatti, ci si attende un impatto significativo nel prossimo biennio. Impatto che, per il 47% dei quartieri fieristici si potrebbe manifestare portando a una riduzione del numero delle fiere, per il 39% inciderebbe su tutti gli indicatori economici di ogni evento e per il 14%, in particolare, sulla partecipazione degli espositori.
La selezione “naturale” tra gli eventi, sarà determinata non solo dalla recessione in atto, ma anche da un’internazionalizzazione più spinta che interessa gli eventi più rilevanti. E proprio per le manifestazioni internazionali si arriva a ipotizzare un calo del 20% del fatturato medio. Gli studi indicano come a livello europeo si stia assistendo a una differenziazione tra appuntamenti regionali e nazionali da una parte e quelli internazionali dall’altra, con un crescente fenomeno di concentrazione per quanto riguarda sia gli eventi sia gli organizzatori.
Il 2009, per contro, potrebbe dare una scossa al settore, anche in vista dell’Expo 2015 in programma a Milano, evento a cui si guarda con molte aspettative. Tutto, però, è da costruire. La strada da seguire per cogliere le opportunità offerte dal l’esposizione universale, indicata dal sottosegretario allo Sviluppo economico Adolfo Urso, del resto, è tanto semplice quanto chiara: «Primo, svilupparsi come una rete, con Milano quale centro e gli altri enti fieristici a esso collegati, ciascuno con le proprie peculiarità, non in competizione ma quale sistema integrato; secondo, rafforzarsi sul fronte dell’internazionalizzazione con manifestazioni all’estero anche in partnership; terzo, aumentare ed estendere l’offerta dei servizi alle imprese, perché la fiera del futuro è innanzi tutto un centro di servizi integrati».
Che l’esposizione universale del 2015 a Milano offra possibilità di collaborazione e di crescita al sistema fieristico è confermato da Diana Bracco, presidente di Expo 2015 e di Assolombarda: «Stiamo iniziando a costruire un percorso che porterà a un’intensificazione di scambi con l’estero nei prossimi sei anni e che avrà l’apice nei sei mesi della manifestazione in cui sono previsti 21 milioni di visitatori. In questa prospettiva stiamo già lavorando alla creazione di reti e senza dubbio in vista dell’Expo è fondamentale imbastire legami di collaborazione tra le fiere».
Rete, internazionalizzazione, servizi: si tratta di concetti ben noti agli addetti ai lavori e agli operatori del settore, ma sui quali si fa fatica a lavorare in modo coordinato, nonostante risultino sempre più strategici e nonostante le dichiarazioni di buone intenzioni. «Quello dell’eccessiva frammentazione dei piccoli organizzatori e dell’organizzazione di eventi fieristici similari in Italia – prosegue Urso – resta un punto di debolezza del nostro sistema che va pericolosamente a incidere sull’efficacia delle iniziative promozionali sui mercati esteri. Queste ultime richiederebbero, infatti, capacità di coordinamento e di sintesi. Pur avendo incentivato, come Ministero, il ricorso a iniziative unitarie, in pochi casi abbiamo osservato, in ambito fieristico, una reale volontà di superare logiche di competizione tipicamente individuali».
Duccio Campagnoli – coordinatore per il settore fieristico della Commissione attività produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nonché e assessore alle Attività produttive della Regione Emilia-Romagna – sottolinea che per il futuro saranno necessarie «grandi imprese fieristiche sul modello tedesco». Tuttavia per quanto riguarda la frammentazione attuale, precisa che è più di forma che di sostanza, poiché, come confermato dal calendario 2009, la gran parte degli eventi internazionali (che rappresentano l’80% delle superfici totali affittate, il 60% degli espositori e il 35% dei visitatori) è concentrata in una decina di quartieri. Per i prossimi anni, incalza Campagnoli, «superato il discorso per cui sono le normative regionali a creare problemi burocratici, così come un calendario nazionale fatto dal Ministero, si deve lavorare in particolare su due fronti. Il primo è la certificazione dei quartieri e delle manifestazioni, operazione rispetto alla quale l’Italia è il fanalino di coda in Europa. Ciò consentirebbe la creazione di un rating e determinerebbe maggior trasparenza. Il secondo è il marketing territoriale, cioè occorre che la piattaforma delle fiere sia anche la piattaforma del made in Italy».
Più in generale, conclude Campagnoli, «occorre riorganizzare il business fieristico anche alla luce del fatto che negli ultimi anni i quartieri, trasformati da Enti in Spa, sono divenuti sempre più anche organizzatori». Lo strumento per agire in questa direzione è un tavolo al quale definire una linea nazionale d’intervento che veda la partecipazione del coordinamento delle Regioni, del governo, le società fieristiche, le organizzazioni imprenditoriali e le principali associazioni del settore.