
Il tessile-abbigliamento coglie la sfida dell’estero
Sulla necessità di aumentare l’internazionalizzazione delle fiere, nessuno ha dubbi. Più difficile è capire come farlo, vista la congiuntura economica non favorevole e vista soprattutto la struttura del sistema fieristico italiano, ancora molto frammentato (si veda l’intervista in pagina al direttore generale dell’Ice Massimo Mamberti).<BR/>
I buoni esempi, però, non mancano, a partire dal Salone del mobile di Milano, che nel 2009 proseguirà il cammino iniziato da qualche anno, portando la fiera in trasferta a New York e a Mosca, due dei mercati più importanti per il legno-arredo e per il mobile di design italiano, ma che a partire da ottobre sono anche quelli che hanno sofferto di più per gli effetti della crisi finanziaria che si è abbattuta sulle Borse mondiali. <BR/>
Per Rosario Messina, fino all’anno scorso presidente di Cosmit, la società che organizza i Saloni, oggi alla guida di Federlegno-Arredo, «il format dei Saloni WorldWide, da un lato con l’ampia offerta commerciale che ha presentato i marchi leader del settore arredo italiano, dall’altro con gli eventi collaterali che hanno coinvolto la capitale russa, dedicati alla cultura del progetto, si è riconfermato il modo più efficace per divulgare non solo le ultime novità ma anche la cultura dello stile italiano del l’arredo nel mondo».<BR/>
I numeri hanno dato ragione alla scommessa di Cosmit: dalla prima edizione espositori e visitatori sono saliti costantemente: dalle 180 aziende presenti nel 2005 si è passati alle 499 dell’edizione 2008, e da 13.199 visitatori si è arrivati a 28.748.<BR/>
Altri settori portanti del made in Italy dove l’internazionalizzazione può migliorare sono l’alimentare e il tessile-abbigliamento. Ne è convinto ad esempio Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria con delega proprio all’internazionalizzazione: «Il 2009 sarà un anno molto difficile, noi imprenditori dobbiamo raccogliere la sfida: bisogna muoversi, dal design all’alimentare alla ricerca alla moda, i nostri asset fondamentali devono essere sostenuti e potenziati. Bisognerà essere più coordinati, in particolare nell’export della miriade di fiere che ogni anno vengono organizzate dai nostri principali enti fieristici privati, che però incassano effetti collaterali sgradevoli, tra cui la sovrapposizione di date ed eventi».<BR/>
Concorda Carlo Rivetti, presidente della Sportswear Company (marchi C.P. Company e Stone Island) e vicepresidente di Smi, la federazione del tessile-abbigliamento, anch’egli con una delega alla promozione all’estero: «Con Ente moda Italia abbiamo cominciato a mettere a punto dei format, degli spazi coordinati da utilizzare nelle fiere, che siano fortemente riconoscibili. Però è importante, per gli enti fieristici privati, coordinarsi con le istituzioni ed evitare, come succede, che nella stessa città ci sia una volta una settimana del cinema italiano, un’altra una missione all’estero di una Regione, un’altra ancora una fiera».<BR/>
Complice il progetto Expo 2015, il sistema delle fiere lombarde, dopo anni di concorrenza sterile, sembra muoversi nella direzione indicata anche da Paolo Zegna. A offrire la cornice (si veda Il Sole 24 Ore del 27 novembre 2008) è la Consulta per l’internazionalizzazione, voluta dall’assessore regionale Franco Nicoli Cristiani insieme all’Adp Regione-Unioncamere sulle fiere. Al lavoro sul progetto è invece Marco Citterio, consigliere di Unioncamere Lombardia e amministratore delegato di Brixia Expo (Fiera di Brescia spa). Il documento di lavoro che sta circolando punta a superare l’idea di quartiere come contenitore chiuso, «per cogliere le eccellenze territoriali e impostare un’internazionalizzazione “in collettiva” degli eventi, supportata dagli espositori top leader, anche attraverso la loro rete distributiva».<BR/>
giulia.crivelli@ilsole24ore.com