Rassegna stampa

«La mia carriera, tra etica e finanza»

di Paolo Madron
Figlio della guerra, cresciuto negli anni della ricostruzione, orgoglioso di essersi formato a quella scuola di vita che erano gli oratori parrocchiali, si definisce come uno versato «a pianificare e gestire sistemi complessi». Luigi Roth, milanese, 67 anni, è un cattolico di sinistra partito da Giovanni Marcora e approdato a Roberto Formigoni, ovvero due figure di ex dc non proprio sovrapponibili. E non per improvvisa folgorazione ciellina ma grazie alle «pragmatiche sintonie» intrecciate con il presidente della Regione. Da quasi nove anni al vertice della Fondazione Fiera Milano, nonché di Terna, dal 2007 anche consigliere d’amministrazione della Pirelli di cui fu giovane impiegato, giunto quasi alla fine del suo mandato Roth si prepara a fare altro. E questo altro, almeno nella vox populi, vuol dire Expo e attività collegate.
Lei all’origine nasce come cattolico di sinistra.

Sì, ero molto vicino a Giovanni Marcora, uomo di intelligenza straordinaria e gran senso del bene pubblico.
E come fa un cattolico di sinistra a ritrovarsi poi sulle posizioni di Roberto Formigoni?

È il risultato di quella trasversalità virtuosa che tanto sarebbe piaciuta proprio a Marcora. Una sintonia che nasce sulle cose da fare, perché io non sono ciellino.

Evidentemente Cl pensava a lei.

Ero in Breda e mi occupavo di treni. Un giorno mi telefona Formigoni e mi offre di fare il responsabile delle Ferrovie Nord. Gli chiesi sorpreso come mai avessero pensato a me. Mi rispose che gli avevano detto che ero uno bravo.
Eppure allora la meritocrazia non era ancora di moda…

Sì, e non fu una scelta di sodalità, di basso profilo.
Vuol dire clientelare?

In un certo senso. Mi ricordo che gli dissi: Scusi, ma lei ha capito che i treni li costruisco, non li faccio viaggiare?

E Formigoni?

Mi rispose di non fare tanto lo spiritoso. E che sapevo benissimo come nelle grandi aziende l’approccio ai sistemi complessi fosse simile.
A proposito di Formigoni. È l’unico governatore del Nord che avrebbe preferito fare il vescovo a Roma piuttosto che restare Papa in casa sua. O forse in realtà lui voleva proprio fare il Papa a Roma.

Non so a cosa mirasse, ma lo capisco. Quando fai per quindici anni il presidente della Regione, hai tutto il diritto di desiderare qualcos’altro. Se no finisce che ti mancano gli stimoli.

E lei ne ha ancora, o con l’anno prossimo chiude?

Chiudo con la Fondazione. Lo statuto impedisce riconferme.
Fatta la nuova Fiera può dedicarsi ad altro. Soddisfatto?

Le fornisco due numeri sul nostro patrimonio: siamo partiti con immobili per 150 milioni di euro e 30 di debito e arriviamo a 1 miliardo con debiti per 170 milioni, più ci sono le partecipazioni.

A proposito di vecchia Fiera, anche lei ha da ridire sul grattacielo storto di Libeskind?

Abbiamo venduto una variante che permetteva di costruire molti metri cubi. Se più di metà deve essere verde pubblico, uno deve per forza andare in verticale.
I quattro costruttori scelti per CityLife si lamentano, dicono che non si parte mai.

Ho lavorato a lungo con i treni e ho imparato che l’importante è fare di tutto per arrivare puntuali…
Veniamo all’Expo. Il primo effetto è stato che il titolo dormiente della vostra controllata Fiera ha preso il volo.

Ha ripreso quel che gli spettava. Non a caso quando abbiamo fatto valutare Fiera Spa in vista dell’aumento di capitale per il conferimento dei marchi i consulenti sono arrivati a valori simili a quelli espressi dalla Borsa.
La Fondazione si terrà sempre la maggioranza assoluta della Fiera?

Per adesso sì, in futuro vedremo.
Torniamo all’Expo. Le chiederanno di dare una mano?

Sono uno felice di mettere la sua esperienza al servizio delle istituzioni, a patto che creda nei progetti che mi vengono proposti. Poi scusi, sono anche presidente di Terna, non ho bisogno di stare col cappello in mano a elemosinare qualcosa.

Arriverà su Milano una pioggia di soldi…

Apriremo l’ombrello.
Sull’Expo Formigoni scalpita, non vuole essere escluso dai giochi.

Il presidente della Regione potrà fare molto nell’ambito dei grandi lavori…

Ha visto quanti debiti ha il Comune di Roma?

In effetti mi ha sorpreso. Ma lì c’è una situazione anche in Regione…

I leghisti dicono che a pagare sarà sempre il Nord.

Per questo credo che un federalismo fiscale sia necessario, con delle opportune compensazioni altrimenti domattina in alcune regioni del Sud avrebbero grossi problemi.
Come vi regolate voi "formigoniani" di fronte alle pressioni della Lega che vuole contare di più?

Nelle democrazie è normale che la rappresentanza sia proporzionale al peso politico.

Puntavano alla presidenza della Regione.

Se per Formigoni fosse andata in un certo modo magari l’avrebbero avuta.
Quanti leghisti ci sono adesso in Fondazione?

Sono diversi. Ma tenga conto che non sono espressi dai partiti ma dagli enti locali.

In Lombardia leghismo e cattolicesimo finiranno per essere antagonisti?

I leghisti fanno un eccellente lavoro a presidio del territorio. Non è un caso se la Lega ha avuto una serie di affermazioni importanti.

Dal suo curriculum si che evince che è diventato gentiluomo di Sua Santità ben prima di Gianni Letta. Un segnale di geometrica potenza…

Molto prima. Lo sono diventato nel ’94, e per uno che nasce in un oratorio di periferia è motivo di orgoglio.

Pensavo che con la morte del Papa morisse anche l’onorificenza.

No, sono gentiluomo del Papa a vita. È la figura che ha sostituito l’attività della guardia nobile.
Perché le piace recitare la parte dell’uomo lontano dal potere?

Non recito. Se uno lo adopera in modo corretto il potere serve. E poi sarei ipocrita se dicessi che nella posizione in cui sono non esercito potere.
Ogni tanto non le viene il dubbio che il sistema di potere lombardo rischi di diventare autoreferenziale?

Certo parte da condizioni di privilegio, siamo una zona ricca. Abbiamo tutto: secondario, primario…

Anche quello della Santa Rita era un primario.

Una devianza del sistema, che certo stride nel momento in cui giustamente si fa un vanto della sua efficienza. L’episodio di mala sanità insegna che, in un Paese dove l’individualismo è esasperato, bisogna tenere sempre la guardia alta. E ben oliati i meccanismi di controllo.

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