Rassegna stampa

Quell’intifada fuori luogo contro i libri di Torino

di Riccardo Chiaberge

Non hanno proposto il boicottaggio delle Olimpiadi in nome dei diritti umani. Non li abbiamo visti in piazza a bruciare bandiere cinesi quando gli sgherri di Pechino massacravano i monaci tibetani. Non ci risulta che abbiano sollevato un ditino contro la strage infinita del Darfur, o a sostegno degli insorti birmani, o che abbiano fatto sit-in davanti all’ambasciata russa per gli stermini in Cecenia. Forse non leggono i giornali, e quindi non sono aggiornati sulla miriade di carneficine e soprusi che costellano il pianeta. Tant’è: per i giovani con la kefiah che vogliono scatenare l’intifada intorno alla Fiera del libro di Torino esiste un solo popolo oppresso, quello palestinese, e un solo Paese oppressore, Israele. Sono quattro scalmanati, e il Lingotto non è il G-8. Ma intorno a loro si è coagulato un fronte di intellettuali (o sedicenti tali), decisi a impedire il pacifico svolgimento di una manifestazione culturale, in odio allo Stato ebraico che quest’anno, a Torino, è l’ospite d’onore.

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Il più logorroico di tutti, lo scrittore egiziano Tariq Ramadan, è arrivato a censurare il nostro presidente della Repubblica, che a suo dire avrebbe bollato come antisemita chiunque critichi il governo di Gerusalemme. Una frase insensata, che Napolitano non ha mai pronunciato.
Ma forse è un riflesso condizionato di chi, sotto sotto, più che sollevare legittime obiezioni all’operato di Olmert, continua a negare a Israele il diritto all’esistenza. Come hanno fatto, per sessant’anni, i leader palestinesi e arabi. Forse i giovani dei centri sociali non lo sanno, ma Israele è l’unico Stato in Medio Oriente dove potrebbero manifestare contro il governo senza venire arrestati o impiccati. Tutto intorno, le libertà di stampa e di espressione restano un miraggio, le donne vivono una condizione umiliante, il fanatismo religioso soffoca ogni dissenso.
La Fiera del libro è uno spazio aperto al civile confronto delle idee. Si parlerà molto di letteratura, che come dice Grossman, è l’arma più potente contro il pregiudizio. Si discuterà di Palestina, di diritti dei palestinesi, come pure della Shoah e di quelle leggi razziali che spinsero tanti ebrei, anche italiani, a emigrare in Israele, e che qualche idiota con la testa rasata vorrebbe ripristinare. Chi sceglie di stare fuori a fare falò, non sa cosa si perde. Vengano al Lingotto. Ma non per urlare o sfasciare tutto. Per ascoltare le voci ricche e spesso dissonanti di uno straordinario, libero Paese. E magari, perché no? per dire la loro.
Riccardo Chiaberge

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