Rassegna stampa

Antisemitismo bipartisan

di Piero Ignazi

L’antisemitismo politico in Europa occidentale prende forma e consistenza ideologica nella Francia di fine Ottocento. Sono gli anni Ottanta della fine del XIX secolo che portano linfa intellettuale a quel sentimento di insofferenza e ostilità nei confronti degli ebrei che circolava da secoli, anzi da più di un millennio.

Il primo grande pogrom antiebraico della storia esplode proprio nell’XI secolo, con la I crociata, quando, sulla strada per Gerusalemme, i bravi cattolici si dedicano a una infernale caccia al l’ebreo – all’infedele "interno" – al fine di mondare la terra cristiana da quella presenza impura. Secoli dopo, di fronte alla modernità e alle sue tensioni, si riaffaccia prepotente, soprattutto in Francia, la pulsione per una "rigenerazione morale". Bisogna nettare il suolo sacro dalle presenze inquinanti che indeboliscono la forza morale , ma anche biologica, della nazione. L’invocazione del sangue e suolo di Maurice Barrès e la caccia ai métèques di Charles Maurras alimentano il delirio complottista delle forze oscure e potenti – e antinazionali; delirio che culmina nel caso Dreyfus, alfa e omega dell’antisemitismo pre-nazista.

Tutta la letteratura e pamphlettistica antisemita del Novecento trae ispirazione dall’elaborazione intellettuale maturata in quegli anni, che prefigura l’ebreo come un nemico della nazione per sua alterità culturale, religiosa e razziale: non potendosi fondere il popolo e non condividendo i suoi destini – e, in più, essendo cosmopolita e "mondialista" avant lettre – non può che rappresentare una costante minaccia. Tutto ciò non riguarda un passato lontano ed esaurito. Quella (pseudo) letteratura, ma anche quella alta di un Drieu La Rochelle e di Ezra Pound, continua ad alimentare il mondo della destra più o meno radicale. Scorrere le pubblicazioni di alcune case editrici di destra dimostra che lo stereotipo poundiano della contrapposizione tra sangue e oro, il messaggio evoliano della minorità spirituale delle razze impure, il timore dei complotti di organizzazioni ricche, potenti e nascoste hanno ancora molti estimatori. Alcuni titoli sono esemplificativi di quali immagini e concezioni circolino in quell’ambiente: La soluzione finale: problemi e polemiche, Olocausto: dal dramma al business, È autentico il diario di Anna Frank?, Auschwitz: trasferimenti e finte gasazioni, fino a un raggelante Come riconoscere e spiegare l’ebreo.

Nonostante materiali così inquietanti, negli ultimi anni è circolata piuttosto la favola dell’antisemitismo di sinistra, confondendo la critica al governo e alla politica israeliane, spesso più morbida di quella espressa da tanti intellettuali e cittadini israeliani, con l’antisemitismo. E ignorando che le radici ideologiche e culturali dell’antisemitismo allignano, e tuttora prosperano, a destra. Nella cultura della sinistra, come insegnava Norberto Bobbio, regna il principio dell’eguaglianza degli uomini e quindi, by definition, non c’è posto per l’ ostilità contro un popolo in quanto tale. Nella tradizione della destra conservatrice l’eguaglianza ha un ruolo minore, non centrale, ma è nella destra non-liberale che l’eguaglianza degli individui e dei popoli viene sottodeterminata agli obiettivi della (di una) nazione. E infine, se qualcuno ha ancora qualche dubbio sulla collocazione politica dell’antisemitismo, perché non raccoglie le dichiarazioni sugli "ebrei" – non sul governo israeliano – di alcuni rappresentanti dei movimenti alla destra del Pdl (e magari di qualcuno appena accolto a braccia aperte nel partito di maggioranza)?

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