
Joint venture in India nelle macchine agricole
Marco Masciaga
NEW DELHI
A conferma del crescente interesse delle imprese italiane per l’India ieri sono state sottoscritte due intese destinate ad avvicinare ai mercati del Subcontinente le aziende produttrici di macchine agricole. La prima è un memorandum d’intesa tra Unacoma e la Federation of Indian Chambers of Commerce and Industry (Ficci) che si propone di gettare le basi di una collaborazione più intensa tra le imprese del settore. La seconda è una lettera d’intenti che prefigura il lancio di un’edizione indiana di Eima, la fiera che ogni due anni riunisce a Bologna le principali realtà internazionali nell’ambito delle macchine agricole, del movimento terra e del giardinaggio. Uno degli obiettivi delle iniziative è di accrescere ulteriormente la quota di export, oggi pari al 60% di un fatturato da 12,5 miliardi di euro annui, realizzato dalle imprese italiane dei tre settori. Un primato minacciato dai competitor americani che, anche sull’onda del vantaggio competitivo dato dalla debolezza del dollaro, stanno allargando i propri orizzonti commerciali.
«Credo che i mercati del Bric (Brasile, Russia, India e Cina) non possano essere più ignorati – spiega il vice presidente di Unacoma, Carlo Tonutti –. Non solo perché offrono grandi margini di crescita, ma anche perché in Paesi come l’India le nostre imprese trovano un solido tessuto industriale, che è uno dei prerequisiti essenziali per muoversi da protagonisti. Il motivo è semplice: venire in India solo per vendere non è sempre fattibile perché i prodotti del made in Italy possono rivolgersi solo a una nicchia molto selettiva di mercato», uno svantaggio competitivo aggravato da dazi doganali vicini al 30%. «Chi vuole sfruttare appieno le potenzialità di questo Paese deve ragionare in un’ottica non solo commerciale, ma industriale – prosegue Tonutti – cercando di siglare joint venture con imprese locali in grado di produrre a costi "indiani". Per quanto riguarda il memorandum d’intesa, non si tratta di un’intesa strettamente industriale. Anzi, una parte dell’accordo verte sulla necessità di organizzare dei seminari che ci aiutino a preparare culturalmente il mercato indiano».
Tra i possibili terreni di cooperazione c’è quello dei sistemi di irrigazione. Il tema della disponibilità dell’acqua è molto sentito in India, dove nel giro di pochi anni diventerà imperativo confrontarsi con la necessità di razionalizzare l’impiego delle risorse idriche impiegate nell’agricoltura. Per comprendere la vastità del mercato che si schiude di fronte alle imprese del settore basta pensare che dei 70 milioni di ettari di coltivazioni che si prestano alla microirrigazione più del 95% continuano a essere serviti mediante tecniche tradizionali. Un’altra area di grande interesse è il mercato dei trattori che – pur dominato da macchine di potenza mediamente più bassa che in Europa – oggi vale più di 250mila esemplari all’anno, contro 170-180mila del Vecchio continente e i circa 30mila italiani. A rendere ancora più affascinante la sfida indiana c’è il fatto che l’impatto sull’economia indiana di una seconda green revolution, fondata sull’ammodernamento dei sistemi di coltivazione potrebbe essere straordinario: oggi il 20% del Prodotto interno lordo continua a essere generato dal settore agricolo e il 60% della popolazione vive di ciò che produce la terra.
Sul fronte espositivo l’obiettivo è quello di lanciare entro la fine del 2009 una versione indiana di Eima, puntando a creare, spiega Guglielmo Gandino, amministratore delegato di Unacoma Service, «uno spazio fieristico sia statico sia dinamico, che dia modo di mostrare le macchine all’opera e getti le basi per la nascita di un forum biennale dove fare incontrare le imprese dei due Paesi». La sigla definitiva dell’accordo è prevista per i prossimi 30 e 31 maggio, quando si terrà a Roma il Summit mondiale sulla meccanizzazione agricola.
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