Rassegna stampa

Sull’Expo l’incognita Citylife

«È un momento magico», abbozza Carlo Masseroli. «Da un lato il nuovo Piano di governo del territorio che disegna la Milano del futuro. Dall’altro l’Expo 2015 che porterà investimenti, le luci della ribalta internazionale e, sperabilmente, una velocizzazione delle procedure concessorie». Il punto vero, secondo l’assessore di palazzo Marino, è che oggi si può finalmente ragionare in un’ottica di città pubblica, «superando il vincolismo del vecchio Prg attraverso lo strumento flessibile della perequazione diffusa e un nuovo dialogo con i privati…».

Al netto di queste suggestioni urbanistiche, tuttavia, la situazione è più complessa: il rischio che Milano, sotto l’onda degli investimenti Expo, viva un’eccessiva concentrazione tra i soliti developer, in effetti esiste. Anzi, tra i soliti istituti di credito: sui 6 progetti maggiori (Citylife, Porta Nuova, Porta Vittoria, ex aree Falck a Sesto, Santa Giulia e Milanofiori), che vedono in campo i vari Ligresti, Zunino, Hines, Generali, Lamaro, Ras, Cabassi ed Euromilano, circa l’85% dell’intero investimento (7 miliardi) è preso a prestito da Intesa-Sanpaolo, Unicredit/Capitalia, Bpm, Mps, Antonveneta e Mediobanca. Non a caso lo stesso Masseroli spera che la kermesse serva anzitutto «ad allargare la platea di investitori, sviluppando davvero l’idea di città pubblica», a valle di una crisi del credito che ha incrinato un modello di leva immobiliare cresciuto sull’eccesso di liquidità degli ultimi anni. Passata la sbornia, chi resta in piedi sono attori dal portafoglio diversificato, come Salvatore Ligresti.

Se questa è la fotografia pre Expo, l’aggiudicazione della kermesse aumenterà verosimilmente il flusso finanziario sulla città, la convenienza ad investire e, si spera, l’effettiva realizzazione dei cantieri entro il 2015. Il che non è scontato. Lo dimostrano le baruffe su Citylife (Ligresti, Lamaro, Allianz e Generali). Dietro le polemiche di Silvio Berlusconi sui grattacieli sbilenchi c’è sicuramente una sorta di fastidio verso una Letizia Moratti che ormai brilla di luce propria; ma ci sarebbe soprattutto il gioco delle parti tra il Cavaliere e l’amico Ligresti il quale, si dice, non sarebbe soddisfatto del progetto, specie della torre della Hadid, che giudica difficile da vendere. «I grattacieli li faccio solo se prima li ho venduti», avrebbe sentenziato l’ingegnere. Ma il punto è che se Citylife venisse modificato, si rischierebbe l’ effetto domino. Si dovrebbe probabilmente rifare la gara. Zunino potrebbe fare ricorso sul centro congressi al Portello, facendo saltare l’accordo con Fiera. La Moratti (e Formigoni grande azionista di Fiera) perderebbe uno dei progetti gioiello in vista dell’Expo. Mentre sempre Fiera dovrebbe restituire 523 milioni. E il developer? «Abbiamo stipulato accordi precisi, pacta sunt servanda», spiega tranquillo Maurizio Dallocchio, presidente di Citylife. Nel frattempo il 9 maggio il progetto andrà in giunta. In attesa del chiarimento Moratti-Ligresti.

Spostandosi a Porta Nuova, che accorpa quel che inizialmente erano tre progetti distinti (Garibaldi, Varesine, Isola), i protagonisti non cambiano. L’ingegner Ligresti, attraverso Immobiliare lombarda, Milano assicurazioni, Fondiaria Sai e Premafin, ha saputo ritagliarsi il ruolo di dominus, in alleanza con i texani di Hines. Per accorgersene, basta vedere lo sviluppo della nuova sede della regione Lombardia (400 milioni di investimento complessivo, 4 edifici sinusoidali più un grattacielo di 160 metri tra via Pola e Melchiorre Gioia): l’appalto è stato vinto dal consorzio Torre guidato da Techint di cui fanno parte tra gli altri anche Impregilo e Sirti. Peccato però che Impregilo, il cui azionista forte è Igli (partecipata da Immobiliare lombarda, Argo finanziaria e Aspi), abbia appena rilevato le quote di praticamente tutta la cordata, permettendo a Ligresti di diventare decisivo su questa partita.

Anche il dossier Zunino potrebbe avere sviluppi decisivi in chiave Expo. Risanamento è in cattive acque, si lavora ad un riassetto gradito alle banche. Zunino ha debiti per 3,2 miliardi. Mediobanca e Intesa San Paolo chiedono di far entrare partner industriali nei due progetti milanesi Santa Giulia e Sesto San Giovanni. Sulle aree ex Falck potrebbero subentrare Caltagirone, che già possiede Caltacity nelle aree ex Vulcano e Euromilano, che è lo sviluppatore di Bovisa e Cascina Merlata (area Expo) e che presto potrebbe vedere l’ingresso societario di Ligresti (al posto di Caprotti/Esselunga). A quel punto l’ingegnere gestirebbe anche terreni legati alla kermesse.

Sempre Risanamento, aveva anche una call sul 10% di Ipi, la società di Danilo Coppola che dovrebbe sviluppare l’ex scalo ferroviario di Porta Vittoria se non avesse guai giudiziari. Anche qui: l’Expo potrebbe dare una mano. «Il piano è vecchio ma siamo disposti a rivederlo per renderlo attuale», apre Masseroli. Il cantiere però è fermo e i soci divisi sul rilancio con Franco Tatò che potrebbe lasciare la guida di Ipi. Intesa San Paolo sarebbe disponibile a finanziare il cantiere con 160 milioni a patto di conferirlo ad un fondo immobiliare. Ma Coppola non ci sente. Dove invece l’Expo giocherà da acceleratore è il quadrante nord ovest della città. L’area del sito espositivo, sui terreni dei Cabassi e di Fondazione fiera che nel 2016 diventeranno in gran parte edificabili. E poi l’area del nuovo Sacco, Bovisa, Cascina Merlata, Farini e la stessa ex Alfa di Arese, che dopo il flop del progetto dell’auto a idrogeno, potrebbe diventare appetibile per attività di logistica e non solo.
Terza e ultima puntata

Le precedenti sono state pubblicate sul Sole 24 Ore di ieri e di venerdì 11 aprile

Newsletter