Rassegna stampa

Sui conti di Fiera Milano la zavorra del doppio polo

Marco Alfieri

MILANO

Fiera Milano in chiaroscuro. Raccontano fonti accreditate che il recente attivismo internazionale, dalla partnership per offrire know how strategico nella costruzione del più importante quartiere espositivo coreano all’accordo con il colosso Deutsche Messe AG di Hannover per organizzare eventi fieristici in Cina, in realtà risponde alla profonda incertezza che avvolge il futuro del sistema fieristico milanese.

Il vincolo/capestro di Fiera Milano, si sa, sta nel drenaggio di risorse che la capogruppo è costretta ogni anno a girare all’azionista Fondazione Fiera. Per la precisione 56 milioni di euro: 45 per il nuovo Polo di Rho-Pero, 11 per il terzo rimanente di Fiera Milano city (dopo la cessione dei due terzi alla cordata Citylife di Salvatore Ligresti). Un affitto che riduce le possibilità della Spa di rilanciare la propria azione, a cui si aggiungono altri 12 milioni che Fiera ha finora versato alla holding per utilizzare il marchio di alcune manifestazioni, tra cui Macef, ancora in capo alla Fondazione (nel 2008 verranno trasferiti alla Spa attraverso un aumento di capitale nell’ordine, si dice, di una settantina di milioni). Per affrontare la difficile congiuntura (il titolo di Fiera Milano è sprofondato intorno ai 3,80 euro rispetto alla collocazione a 7,50 del novembre 2002), l’ad Claudio Artusi sta dunque puntando tutto sulla razionalizzazione della struttura e l’internazionalizzazione. Una svolta ancora tutta da dimostrare, però. Ad esempio: non è incoerente aver sciolto anticipatamente la joint venture di controllo di Fiera Milano International con Reed Exhibition Italia, la filiale italiana del colosso fieristico anglo-olandese, proprio mentre si annuncia in pompa magna l’alleanza con Hannover? Dal primo luglio, tuttavia, verranno dismessi circa 95mila metri quadrati (mq) dell’area Portello, portando la superficie espositiva totale del sistema fiera da 470mila a 375mila mq, con l’ipotesi di riprenderne una parte nel caso il vecchio polo dovesse ospitare, come sembra, lo strategico centro congressi. La contemporanea scelta di mantenere le due gambe espositive (Rho-Pero e Fiera Milano city), scelta imposta dall’Unione del commercio per salvaguardare gli interessi degli associati nel quartiere, è infatti insostenibile. Basti dire che la superficie espositiva netta complessivamente venduta, pari a circa 1,7 milioni di mq, è stagnante rispetto al 2007 e in flessione sulle previsioni 2008 scritte nel piano 2007-2011 (1,8 milioni). Con stime sul triennio 2009-2011 di una contrazione dell’8-10% rispetto al piano industriale originale.

Il nodo è tutto qui: attualmente Fiera Milano paga a Fondazione 56 milioni di affitto annuo per 465mila mq totali (345mila a Rho-Pero più 120mila al Portello), ossia 33 euro per mq venduto rispetto ai quasi 70 che la capogruppo riceve dalle controllate. Un differenziale così elevato, quasi 40 euro, serve sostanzialmente per mantenere la pesante struttura della Spa. Dismettere anche la parte rimanente del vecchio quartiere cittadino è dunque la via obbligata per cercare di riportare i costi d’affitto ad una via di mezzo tra la quota pagata per Fiera Milano city (20 euro a mq) e quella attuale (33): cioè a 26 euro (affitto calcolato su un venduto attuale di circa 1,7 milioni di mq riferito solo alla superficie del nuovo polo). Certo ancora distante dal break even di 2,2 milioni che permetterebbe alla capogruppo di scendere a 20 euro di affitto al mq rimettendo così in linea i conti.

Ma razionalizzare e basta non è sufficiente. Gestire il portafoglio esistente senza esplorare new business, rischia di contrarre ulteriormente il venduto netto. Lo stesso Macef è calato del 20% in tre anni. Sul punto però il bilancio previsionale 2008 non entra nel merito: parla di investimenti per 40 milioni destinati ad acquisizioni di manifestazioni espositive e crescita nell’editoria tecnica. «Puntiamo ad aumentare il software, l’attività di comunicazione in senso lato», spiega Artusi. «La logica è quella di allargare la rete internazionale, attraverso joint venture», più che crescere sul mercato domestico.

Anche per questo diventa fondamentale conquistare l’Expo 2015: arriverebbero soldi sufficienti ad alimentare una macchina così costosa. Altrimenti, rischierebbe di aprirsi una stagione di turbolenza destinata a far tremare l’asse forte che corre dal Pirellone alla Camera di Commercio.

Newsletter