
Fiera di Bologna cerca fondi
BOLOGNA – I soci privati della Fiera di Bologna (che detengono il 56,94% delle quote) stringono i tempi sul tema dello sviluppo del quartiere allo scadere dei patti parasociali prevista il 31 ottobre. E pongono ai soci pubblici (Comune, Camera di Commercio, Provincia, Finanziaria metropolitana e a breve anche la Regione) con urgenza il tema del reperimento di risorse fresche per favorire il percorso di sviluppo della Fiera stessa. «L’obiettivo condiviso dai soci privati, consapevoli di trovarsi ad una svolta particolarmente importante, è in ogni caso – si legge in una nota diramata ieri dopo la riunione dei soci privati presso Unindustria Bologna, il socio privato di maggior peso con l’8,9% delle quote – quello di un percorso di sviluppo della Fiera, che permetta fra l’altro di superare le prevedibili difficoltà del prossimo futuro». A questo scopo un gruppo di lavoro, coordinato dal presidente di Unindustria Bologna Gaetano Maccaferri, approfondirà anche le ipotesi relative alla possibilità di reperire le risorse finanziarie indispensabili a tale strategia. E le proposte individuate, una volta condivise dai soci privati, verranno successivamente portate al confronto con i soci pubblici di Bologna Fiere. «I soci privati, che si sono dati l’impegno di incontrarsi nuovamente tra 15 giorni circa, hanno comunque riaffermato – si legge ancora nella nota – l’intenzione di avviare tale confronto anche al di là delle scadenze dei Patti stessi». Il nodo della vicenda sta tutto nel reperimento di quelle risorse finanziarie fresche che sono indispensabili allo sviluppo. La sensazione è che da parte dei soci privati si veda di buon occhio lo spin off immobiliare (su un valore complessivo della società di 163 milioni la parte immobiliare non è di certo inferiore ai 100 milioni), un’ipotesi non condivisa dalla Regione, che sta per entrare nel capitale di Bologna Fiere con il 5% di quote che saranno cedute (2,5% da parte di ciascuno) da Provincia, attualmente al 14,9%, e Comune (10,5%). Peraltro, la legge 12/2000 vieta la cessione della parte immobiliare senza l’assenso degli azionisti pubblici. Si tratta allora, per i soci privati, (associazioni, banche e cooperative) di tranquillizzare la parte pubblica che non vi è alcun tentativo di portare via le risorse derivanti dagli immobili (messe dal pubblico) ma di utilizzare i proventi solo per lo sviluppo. E sulla parte immobiliare si sta facendo strada l’ipotesi della partecipazione all’eventuale cordata delle Fondazioni bancarie socie. Sullo sfondo, naturalmente, il fatto che, una volta approvato il bilancio 2007, scade il mandato per l’amministratore delegato (Michele Porcelli) e per il Cda guidato da Luca Cordero di Montezemolo. Giorgio Costa Il Sole 24ORE – 16 ottobre 2007