Rassegna stampa

«Troppe contese sugli eventi Serve un progetto comune»

di Giovanna Mancini

A che per il settore fieristico si pone la necessità di rafforzarsi come sistema, soprattutto nell’ottica di una maggiore competitività sui mercati esteri.

Alla prova dei fatti, tuttavia, quella delle fiere appare come una filiera ancora piuttosto frammentata e competitiva, anche se non mancano esempi positivi di collaborazione nella realizzazione di eventi sia in Italia che al l’estero. La competizione, sostiene l’economista Enrico Cietta in un documento presentato lo scorso novembre a Milano, in occasione del primo Forum internazionale della filiera fieristica, non è però soltanto "orizzontale", tra quartieri, ma anche "verticale", tra i diversi soggetti della filiera (proprietari degli spazi, organizzatori degli eventi e fornitori dei servizi).

In seguito all’entrata in vigore della legge dell’11 gennaio 2001, che ha trasferito le responsabilità in materia fieristica alle Regioni e ha avviato il processo di trasformazione degli Enti fiera in società di capitali, queste hanno ampliato le loro attività, aprendosi sempre più all’organizzazione e ai servizi, acquisendo o fondando strutture ad hoc. Alla trasformazione in società è seguita una notevole crescita dimensionale delle piattaforme fieristiche: tra il 2000 e il 2006 la capacità espositiva dei quartieri italiani è passata da 1,7 milioni di metri quadrati di superficie lorda coperta a 2,2 milioni (dati Cermes-Bocconi). «È evidente – sostiene ancora Cietta – che in una logica di massimizzazione dei ricavi, i quartieri siano spinti a impegnare il più possibile l’area espositiva disponibile», con un conseguente aumento del numero di kermesse.

«L’impressione – afferma Moreno Zaccarelli, tra i coordinatori del Forum di novembre – è che manchi una strategia complessiva e che la sfida tra le fiere sia più legata a contendersi la domanda interna che a sviluppare grandi progetti di portata internazionale».

Anche Pierpaolo Vaj, presidente di Asal (l’Associazione degli allestitori), si dice preoccupato: «Il nostro comune cliente è l’espositore, perciò tutti i soggetti della filiera dovrebbero lavorare assieme per realizzare manifestazioni che siano competitive a livello internazionale.

Spesso, invece, i quartieri fieristici sono in competizione tra loro e tendono a rubarsi, per così dire, gli eventi, creando doppioni che, più che sana e leale concorrenza, sono deleteri per lo spreco di risorse ed energie».

Ma, è l’opinione pressoché comune dei vertici dei poli fieristici, sarà il mercato stesso a decretare quale manifestazione è migliore e dunque a selezionare l’offerta.

Vista la nuova natura degli enti fieristici si pone inoltre il problema di come separare la proprietà degli spazi e la fornitura dei servizi, come evitare cioè che i quartieri cerchino di avvantaggiare gli organizzatori o le aziende di servizi di cui sono proprietari o soci. «Occorre fare una operazione di trasparenza – risponde l’amministratore delegato di Fiera Milano, Claudio Artusi -. Per quanto ci riguarda tutti i nostri clienti hanno lo stesso trattamento. Del resto, noi siamo una società quotata e quello delle fiere è ormai un libero mercato, la cui funzione regolatrice è la miglior garanzia di equilibrio e correttezza».

Libero mercato o meno, è un’esigenza sentita da tutte le parti quella di evitare lo spezzettamento delle manifestazioni in tante piccole rassegne e di puntare invece alla collaborazione per realizzare manifestazioni di grandi dimensioni, forti e competitive sul mercato globale.

«Bisogna – afferma il direttore generale di Verona Fiere Giovanni Mantovani – rafforzare il ruolo di coordinamento del l’Aefi (Associazione enti fieristici italiani, ndr) e migliorare il confronto e il dialogo tra i quartieri». Molti ritengono inoltre che sia necessario orientarsi verso una specializzazione dei poli fieristici, dove ciascuna sede ospiti la manifestazione che sa organizzare meglio.

Per quanto riguarda il coinvolgimento delle associazioni di categoria, dai quartieri, almeno ufficialmente, arrivano parole di apertura. «La nostra posizione è di collaborare con tutti i soggetti che hanno le competenze necessarie e che portano idee nuove», sostiene l’amministratore delegato di Fiera Roma, Marco Sogaro, che giudica positivamente la situazione attuale. «Non vedo una competizione tra fiere o tra operatori – dice – semmai la concorrenza è tra i prodotti. Dunque saranno le esigenze del mercato a decidere il successo o meno di una manifestazione».

Il ruolo delle associazioni non può venire meno neppure secondo Marisa Corso, direttore della divisione commerciale di BolognaFiere: «Le Fiere sono diventate coordinatori dei diversi servizi, in modo che gli espositori abbiano un solo interlocutore. Così si snelliscono le procedure ed è possibile ottimizzare sia l’offerta sia gli investimenti. Ma la sfida tra quartieri fieristici si gioca sui servizi, la vera discriminante in base alla quale ci giudicano gli espositori».

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