
Veneto a corto di sinergie
Uniti ma in ordine sparso. Come dire, ciascun ente fieristico locale pensa a sé per strategie e organizzazione, ma con un obiettivo comune: contrastare la concorrenza, soprattutto quella di Milano che ha già scippato a Padova "Transpotec", il salone dell’autotrasporto, o di Roma che ha appena proposto Orocapital (gioielli) e il Nautic show.
Sulla carta, il futuro fieristico del Nord-Est ha tanti nomi: aggregazioni, joint-venture, comarketing, innovazione, estrema specializzazione. Eppure, escluso il Friuli-Venezia Giulia che quest’anno con la costituzione di Unionfiere ha trovato una linea d’azione comune condividendo risorse economiche e programmi, il Veneto resta terra di campanili e di scelte spaiate dove ognuno punta a consolidare il proprio ruolo nei settori di riferimento.
Nonostante questo il business è in salute. Sono quattro i poli fieristici di valore, con Verona in testa che copre la metà del fatturato totale regionale, che nel 2005 aveva oltrepassato i 112 milioni ma quest’anno raggiungerà, secondo le previsioni, quota 120 milioni (+6,5%). Solo Veronafiere chiuderà il 2006 con 70 milioni a bilancio (+5,2% rispetto al 2005 e +31% dal 2003, anno di riferimento per la ciclicità delle manifestazioni) con un margine operativo lordo di 10,4 milioni contro gli 8,4 di inizio anno. Le rassegne all’estero, quest’anno, hanno fruttato all’ente scaligero 4 milioni, sono stati venduti più di 600mila metri quadri netti, ospitati oltre un milione di spettatori e 14mila espositori.
Il restante fatturato dell’area viene realizzato principalmente da Padova, Vicenza e Longarone. Ma le strategie messe in atto per essere competitivi sono assai diverse.
Longarone, quarto polo veneto per numeri e dimensioni (2,3 milioni il fatturato 2005 , +14% sul 2004 e un’ulteriore crescita 2006 del 10%) punta al consolidamento della leadership nel settore montagna. Nel 2005 ha allestito nove manifestazioni (sono state aumentate a dieci quest’anno) per 160mila visitatori e 1.600 espositori, che continuano a ritenerlo un punto di riferimento importante per le iniziative di valorizzazione e sviluppo del territorio montano. E per il 2007, spiega il presidente Giovanni De Lorenzi «sono già pronti un paio di nuovi eventi tra cui il ritorno della rassegna per l’occhialeria venuta meno per la flessione del mercato agli inizi del Duemila».
Padova prosegue invece la sua attività di reti di mostre per settore, facendole circuitare per i quartieri espositivi direttamente gestiti dal gruppo fino a trasferire, precisa Andrea Olivi direttore di PadovaFiere: «intere manifestazioni mantenendone la proprietà e acquistando il 50% di servizi e risorse in loco».
Vicenza punta sull’oro e la valorizzazione di tre mostre internazionali dedicate al comparto dei preziosi. La strategia è giusta e lo dimostra l’afflusso di 29.800 visitatori professionali contro i 7.090 delle mostre non orafe. Dal 2004, con l’istituzione dell’ente Vicenza fiera international, l’ente ha investito all’estero. L’ultimo successo è targato Las Vegas e ha il vanto di aver mosso dall’Italia 210 espositori. «Inutile puntare sull’allargamento dei metri quadrati perché siamo consapevoli che non saremo mai una grande fiera – spiega Valentino Ziche presidente di Vicenza Fiere – puntiamo sull’innovazione: siamo una delle poche fiere certificate Iso 9001, attrezzate wireless e con sistema di rilevazione degli accessi per monitorare i visitatori». L’innovazione però ha coperto anche le strutture e il modo di fare fiera. «Con il progetto B-one quest’anno – conclude Ziche – abbiamo sperimentato una fiera permanente con 24 stand fissi. Resterà stabile fino al 2009».
Le alleanze tra i confini regionali si contano sulle dita di una mano: la prossima in calendario per febbraio 2007 è tra Vicenza e Verona per l’evento Luxury and Yacht. Per il resto i veneti preferiscono andare all’estero per cercare partnership, esportare manifestazioni e soprattutto know-how.
Il Friuli-Venezia Giulia invece, grazie a Unionfiere, ha deciso invece di puntare su singole specializzazioni di qualità. «Come nel commercio esistono i grandi centri commerciali, le piccole botteghe a conduzione familiare ma anche le boutique – afferma Alvaro Cardin, presidente di Unionfiere Friuli-Venezia Giulia e di Pordenone Fiere – così nel mercato fieristico esistono i grandi poli, le piccole realtà di paese ma anche le fiere di nicchia».
Secondo Cardin, la partita con la concorrenza si può giocare solo puntando sulla specializzazione di prodotto e processo, legandosi strettamente al marketing territoriale regionale. «L’obiettivo – spiega Cardin – è consolidare le fiere esistenti, riqualificandole». Ed è la stessa fiera di Pordenone (250mila visitatori per un fatturato 2006 di 4,8 milioni) a rilanciare l’offerta 2007 mettendo in cantiere due novità: una fiera sul mosaico e una sulla multimedialità. Ma Udine rilancia: dal 2007 fiere rivoluzionarie con rassegne per target specifici, con rivalutazione del Centro congressi e diretta ricaduta sul turismo, programmando eventi su più giornate ed elaborando con gli albergatori pacchetti turistici.
Infine buoni i risultati a bilancio 2006 per Gorizia, che nel 2005 aveva registrato un disavanzo di 80mila euro. La chiusura di quest’anno, forte dell’aggregazione con Udine, sarà positiva e raggiungerà quota 5,7 milioni.