Rassegna stampa

Il fenomeno Slow food cambia le regole del gioco

Sul fronte agricolo c’è una certezza. E la rassicurazione arriva da Roberto Burdese, presidente di Slow food Italia: «C’è un denominatore comune cui si possono ridurre tutti i progetti, le idee e le attività di Slow food: ed è la sua piemontesità». Un’associazione che oggi, grazie all’impegno dei suoi aderenti, pubblica una rivista in giapponese, organizza eventi in Australia, crea orti scolastici negli Stati Uniti, istituisce presidi dalle Ande all’Amazzonia «e non può essere capita a prescindere dal fatto che la sua sede internazionale sia Bra, provincia di Cuneo».
Slow food poteva nascere solo qui. «In venti anni – prosegue Burdese – il suo percorso si è intrecciato con la storia agricola e gastronomica del territorio. A partire dal sistema vino, su cui è iniziata l’attività di Slow food e che ha tirato la volata a tutto il comparto agroalimentare, della ristorazione e dell’accoglienza, in un processo virtuoso che ha recuperato prodotti dimenticati, valorizzato tradizioni, riscoperto saper fare artigiani, ridato dignità a mestieri disprezzati. E si deve pur riconoscere all’industria agroalimentare piemontese la capacità di innescare processi d’innovazione che hanno imboccato decisamente la strada della qualità».
Adesso è il momento di non sprecare le occasioni. «Una scelta positiva e importante – ricorda il presidente di Slow food – l’ha fatta anni fa la Regione Piemonte dichiarandosi ogm-free. È tempo di raccogliere i successi e di ragionare sui cambiamenti. Oggi la direzione è quella della sostenibilità, che significa investire nello sviluppo delle economie locali». La strada ha deciso di percorrerla anche il Lingotto Fiere che, con l’assessore all’Agricoltura Mino Taricco e le organizzazioni agricole, intende creare un Salone dedicato all’agricoltura sostenibile, salubre, tipica. Un’agricoltura in linea con le logiche del Salone del gusto. Con spazio per la lotta integrata, per l’agricoltura biodinamica, biologica. Ma anche un Salone che valorizzi la tutela dell’ambiente e i legami con la produzione di energie alternative.
Tenendo conto che agricoltura sostenibile non significa lotta alla scienza. Anzi, è proprio da un’idea di Slow food che si è sviluppato il progetto dell’Università del gusto di Pollenzo. Inizialmente vista con diffidenza dal mondo accademico e ora pienamente integrata. Mentre si moltiplicano le attività, anche internazionali, della facoltà di Agraria dell’Università di Torino. D’altronde Carlin Petrini, presidente di Slow food internazionale e patron del Salone del gusto, aveva inaugurato l’ultima edizione sottolinenando che l’appuntamento non doveva essere il raduno dei mangioni ma – grazie anche a Terra Madre – Torino doveva diventare il polo mondiale di una nuova politica agricola. Con Terra Madre non solo come fiore all’occhiello, ma come luogo dove mettere a punto le strategie.
Senza dimenticare, ovviamente la realtà locale. Una realtà agricola che – ricordano in Confagricoltura – rappresenta il 2,2% del valore aggiunto piemontese, con una produzione agricola ai prezzi di base di circa 3,4 miliardi di euro. Ma un’agricoltura anche alle prese con il cambiamento che deriverà dal Programma di sviluppo rurale. «Il Psr – sostiene Giorgio Ferrero, presidente di Coldiretti Piemonte – deve restituire centralità all’impresa agricola nelle sue diverse funzioni, lasciandola libera di intraprendere dove ritiene necessario». La Coldiretti, che non a caso ha collaborato con Slow food per Terra Madre, insiste sulla presenza di una rete di imprese «motivate, dinamiche, professionali e fautrici di un’agricoltura sostenibile». Non bisogna neppure le altre iniziative sul territorio. Dal Golosario di Paolo Massobrio – che sostiene, tra l’altro, i tanti artigiani di qualità del cibo – alle iniziative dell’Ucee che, insieme al Circolo culturale Casale-Europa e alla San Martino di Altavilla, hanno portato i prodotti piemontesi al Parlamento europeo di Bruxelles.

www.slowfood.it



IN CIFRE
2,2%
Quota di valore aggiunto
La realtà agricola piemontese rappresenta il 2,2% del valore aggiunto regionale
3,4 miliardi
La produzione agricola
La produzione agricola piemontese ai prezzi di base vale circa 3,4 miliardi di euro

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