
L’infinita attesa del «sistema Fiere»
L’attesa silenziosa è durata fin troppo. Da qualche anno si parla della necessità di riunire in un sistema le Fiere del Veneto, la proposta ha subito una forte accelerazione in occasione del dibattito sulla privatizzazione di PadovaFiere, poi tutto sembra essere ripiombato nell’oblio.
Rompe il silenzio ora l’assessore regionale al l’economia Fabio Gava con una proposta che può avere effetti dirompenti: limitare alle specializzazioni i quartieri fieristici esistenti e puntare tutto sulla creazione ex novo di una grande Fiera a Venezia che sia in grado di assumere un carattere di eccellenza internazionale. «Nell’attuale panorama fieristico è in generale chiara la necessità di sviluppare forti aggregazioni per essere realmente competitivi all’estero – chiarisce Gava -; il sistema veneto ha sinora seguito la strada "tradizionale" del "policentrismo" imperniato su 3 o 4 Fiere di interesse regionale. C’è da chiedersi, e in fretta, se questa organizzazione sia adeguata e competitiva, e la mia opinione è che non lo sia, motivo per il quale, in tempi brevi, convocherò un incontro con i responsabili delle Fiere venete per iniziare un confronto sul da farsi». «Un confronto – aggiunge – che deve partire dalla considerazione che, così com’è, il nostro sistema fieristico non appare in grado di difendersi in uno scenario di fortissime polarizzazioni di tipo europeo, come Milano e Monaco di Baviera. Io credo sia necessario il coraggio di fare un salto di qualità, partendo da un progetto che possa in qualche modo salvaguardare le peculiarità territoriali delle nostre Fiere per arrivare alla creazione di una nuova Fiera, con quote equamente suddivise tra le realtà esistenti, da collocare a Venezia per sfruttare anche quello che definirei l’"effetto marchio", da utilizzare in primis per sviluppare manifestazioni di eccellenza e di livello internazionale, e candidandosi al contempo per gestire Fiere all’estero».
«Va da sé – conclude l’assessore regionale – che i quartieri fieristici esistenti andrebbero mantenuti in funzione, per sviluppare manifestazioni settoriali e legate alle peculiarità del territorio, magari puntando a una sorta di "specializzazione", lasciando alla "nuova" Fiera solo le eccellenze di carattere internazionale. Credo che, se continuiamo a parlare senza fare, rischiamo davvero che il declino delle nostre Fiere ci sia e che la concorrenza dei grandi poli internazionali produca difficoltà notevolissime. Mi auguro che il dialogo che sto per aprire con i responsabili delle Fiere venete possa essere abbastanza veloce e al tempo stesso concretamente produttivo su scelte non più rinviabili».
L’idea, in verità, circolava da tempo ma mai era stata posta in termini così ultimativi. Proprio con quelle finalità VeronaFiere aveva acquisito una partecipazione in VeneziaFiere, ente che fino a oggi si è concentrato su piccole manifestazioni di nicchia. Dalla stessa Verona, però, il dg Giovanni Mantovani manifesta una posizione piuttosto cauta. «Noi – dice – stiamo andando con 150mila metri quadrati di spazi a collocarci nella dimensione di un medio ente europeo sufficientemente competitivo. Una nuova realtà avrebbe bisogno di spazi molto grandi e di sostegni finanziari altrettanto importanti. Obiettivamente giusto Roma può sostenere oggi uno sforzo di questo tipo. Più realistico nel Veneto continuare a ragionare sulle possibili integrazioni dell’esistente. Noi, ad esempio, stiamo già dialogando con Vicenza per collaborare su singole iniziative, ma spazi di collaborazione tecnica ce ne sono molti».
Sostanzialmente alla stessa conclusione giunge da Padova Andrea Olivi, ad di PadovaFiere e oggi anche responsabile europeo delle manifestazioni di Gl Events, la società francese che ha acquisito l’80% dell’ente padovano. Olivi parte però da un altro ragionamento. L’idea di Gava è in linea teorica perfetta, da manuale. Chi meglio di Venezia può raccogliere appeal internazionale? Fattibile anche il finanziamento visto il valore degli spazi "pregiati" che gli enti fieristici esistenti potrebbero liberare. Il problema è che l’operazione potrebbe avere solo un’impostazione privatistica perché non può istituzionalmente l’ente di Verona o di Vicenza investire su Venezia. Come nel giro dell’oca si torna al punto di partenza. Potrebbe essere un problema di ferma e condivisa volontà politica, per il momento però già un dialogo "industriale" fra i tecnici sull’esistente potrebbe dare importanti risultati.
pagina a cura di
Claudio Pasqualetto