
Cina, Stati Uniti ed Europa guidano il rilancio della pelle
Pelli morbidissime, soprattutto di vitello, ma anche di capretto o di serpente, delicate al tatto, leggere come la seta, forate come pizzi o double face, impreziosite da ricami nei colori caldi dei Paesi del Mediterraneo: sono le tendenze 2007 della pelle lavorata dall’industria conciaria italiana, un settore del made in Italy che ha ricominciato a crescere.
«Finalmente ci sentiamo fuori dal tunnel – dice Salvatore Mercogliano, direttore generale Unic, in occasione dell’apertura di Linea Pelle a Bologna – il trend positivo è cominciato lo scorso anno, nel secondo semestre e il 2005 si è chiuso con un calo contenuto del 3% dei volumi prodotti. Il 2006 si è aperto bene, fatturato e ordini sono in crescita e le prospettive per l’anno sembrano positive».
L’industria conciaria italiana è la numero uno al mondo: nel 2005 la produzione in valore ha superato i 4,8 miliardi di euro, con 3,2 miliardi di export. L’incidenza sul mercato europeo è del 65,2%, su quello mondiale del 15,9 per cento. Il primo Paese di sbocco è la Cina, che oggi assorbe il 65% delle esportazioni. «Anche i cinesi – osserva Mercogliano – cercano sempre più lo stile, la creatività, il valore aggiunto della pelle italiana, soprattutto per il settore delle calzature e per l’arredamento». Nel 2005 il valore delle esportazioni verso il colosso asiatico ha raggiunto la quota record di 662 milioni di euro, pari a 10 volte quello che veniva esportato in Cina 10 anni fa. «Alla ripresa però – spiega il direttore dell’Unione degli industriali del settore – stanno contribuendo anche Stati Uniti ed Europa. Alla Fiera sono tornati finalmente numerosi francesi e tedeschi, che sono da sempre interlocutori fondamentali».
Sul fronte della materia prima infine anche l’industria conciaria ha qualche preoccupazione: «Soprattutto in America Latina e Brasile il 50% della materia prima prodotta viene sottratta al mercato con varie misure protezionistiche. È una situazione che abbiamo già segnalato al Wto, ma i Paesi coinvolti continuano a comportarsi come se niente fosse» conclude Mercogliano.
MARIA TERESA SCORZONI