
La ricetta del presidente di Fiere di Parma, Franco Boni: “CIBUS il più importante evento al mondo per l’agroalimentare made in Italy”
Risponde a Milano: “Le fiere italiane, a differenza di quelle estere, sono nate all’interno di distretti produttivi con forti vocazioni. Sono figlie del mercato, della cultura e della storia di un territorio” Parma 30 marzo 2006. “Consolidamento e poi innovazione”, con l’obiettivo di fare esclusivamente l’interesse di Parma e del sistema alimentare italiano. Questa la strategia del presidente di Fiere di Parma, Franco Boni, nato a Reggio Emilia 66 anni fa. Appena ha preso in mano le redini della Fiera di Parma, all’inizio dell’anno, si è trovato di fronte una Fiera “arretrata” e un processo di rinnovamento di tutto il sistema fieristico italiano. E poi i difficili rapporti con Milano che, forte di essere il principale centro fieristico d’Italia, ha lanciato la sfida a tutto il settore fieristico europeo. Fiera Milano deve riempire di eventi un immenso polo fieristico come quello di Rho-Pero. E per questo sta cercando di “rubare” le manifestazioni più interessanti alle altre realtà fieristiche del Nord Italia, a cominciare da Cibus. L’analisi di Franco Boni, è chiara e semplice. La competizione con Milano è aspra ma Parma non arretrerà di un millesimo. Da mesi il presidente delle Fiere di Parma è impegnato a combattere i ripetuti tentativi di Milano di portar via da Parma CIBUS, la grande rassegna dell’agroalimentare made in Italy, promossa in partnership con Federalimentare. Tentativi per ora falliti tanto che Milano si è vista costretta a lanciare una propria manifestazione di settore, TUTTOFOOD. Un grande evento che debutterà l’anno prossimo a Rho-Pero e che ha già fatto storcere il naso ai parmigiani, non solo per il marchio stranamente simile a quello di Cibus. Per l’originalità del marchio di “Cibus”, Fiere di Parma sta valutando tutte le iniziative possibili anche da un punto di vista legale. Ma sulla situazione generale ora Boni ha accettato di fare il punto con quest’intervista a INformaCIBO: A che punto è arrivato il processo rinnovamento nel sistema fieristico italiano? E’ stato un percorso che ha reso più efficiente il settore o ha creato un eccesso di offerta? Siamo inseriti in un sistema fieristico nazionale che si regge su equilibri che vanno rispettati, pur senza negare la possibilità anche di “nuovi” modelli. Le fiere italiane, a differenza di quelle estere, sono nate all’interno di distretti produttivi con forti vocazioni. Sono figlie del mercato, della cultura e della storia di un territorio. Concorrenza non deve significare cannibalizzare i vicini. A tal proposito l’apertura del nuovo polo fieristico di Milano che effetti ha avuto sugli equilibri del settore? Ormai sembra che una delle maggiori preoccupazioni di Fiera Milano sia quello di “rubare” le manifestazioni di successo alle fiere vicine. Con noi ci stanno provando in ogni modo con Cibus a Parma. I vertici della società di Rho non perdono occasione per ricordare che la rassegna dell’alimentazione starebbe meglio nella nuova fiera meneghina che non nella sua tradizionale collocazione nel cuore della Food Valley italiana. L’impressione che cominciamo ad avere è che Milano sia arrivata a modellare il suo gigantesco impianto fieristico in ritardo rispetto alle esigenze del mercato europeo – che sta già facendo registrare contrazioni in quelle realtà portate ad esempio da Piergiacomo Ferrari, ad di Fiera Milano, come la Germania, in cui le fiere più grandi sono in crisi da alcuni anni – e oggi stia cercando disperatamente di riempire i vuoti passando sulla testa delle altre Fiere e non preoccupandosi minimamente della proposta che offre alle aziende. Fiere generalistiche e dispersive di stampo europeo in cambio di fiere specialistiche altamente professionali come sono quelle attualmente sul mercato italiano e com’è certamente Cibus, vetrina dov’è possibile conoscere ed apprezzare il meglio di tutta la produzione delle numerose filiere dell’agroalimentare. Milano, con TuttoFood, dice che non intende attaccare Cibus, bensì l’Anuga di Colonia, per togliere alla Germania lo scettro della più importante fiera del mondo nell’alimentare. In primo luogo è necessario chiarire che non è il momento per costringere le aziende a scegliere tra più fiere perché non siamo in una fase di sviluppo. Ma soprattutto c’è un voluto equivoco di fondo! Noi vogliamo continuare ad essere il più importante evento al mondo per il Prodotto Italiano. Non ci interessa dare spazio a chi vuole esporre le aringhe ed altri fantastici prodotti che non hanno niente a che vedere con la tradizione, la cultura e quindi la produzione delle nostre aziende. Secondo i vertici di Fiera Milano, in ogni caso Parma è poco internazionale e ormai troppo piccola. L’internazionalità non si deve giudicare dal paese di provenienza degli espositori, ma dall’attrattiva che si offre ai buyer e ai category manager dei grandi gruppi d’acquisto dei vari paesi. Quest’anno saranno presenti a Parma alcune centinaia di buyer, tra i più importanti. Quanto allo spazio è l’ennesima storiella di questi presunti campioni del liberismo, che vorrebbero semplicemente un regime di monopolio. Tanto è vero che, a volte, devono fare tre/quattro fiere contemporaneamente per riempire i loro spazi, mandando in tilt tutto il territorio. Provi a chiedere al tessile di Prato se ritornerà a Rho… Donato Troiano Informacibo.it