Rassegna stampa

Le barriere occulte abbattute dai giudici

DAL NOSTRO INVIATO

BRUXELLES – Nel campo dei servizi non esistono sentenze epocali come la "Cassis de Dijon" o la "Bosman", i due pronunciamenti che stabilirono la legittimità della circolazione di ogni prodotto nel mercato unico, se in regola con la legislazione nazionale, e aprirono le squadre di calcio a un numero illimitato di giocatori stranieri. Senza clamorosi colpi di piccone, ma con ben assestate pressioni di grimaldello, la Corte di giustizia europea ha però già aperto la strada alla libera circolazione dei servizi, sancita dai Trattati. Principio che è uno dei pilastri del mercato unico, da ben prima che ci si accapigliasse sulla direttiva "Bolkestein".

Varie sentenze hanno sancito l’illegittimità di vincoli che, in modo occulto, comportino una discriminazione ingiustificata a danno di aziende, professionisti o prestatori di servizi di altri Paesi europei. Ma hanno anche affermato i diritti di fruitori di servizi, come i pazienti che vogliano farsi rimborsare cure sanitarie all’estero. Proprio l’esigenza di tenere conto di alcune sentenze ("Decker" e "Kohll" C-120/95 e C-158/99) fu citata quando si lanciò la prima proposta di direttiva, anche se poi ieri in aula è caduto l’articolo 23 sui diritti dei pazienti. Ma resteranno comunque in vigore i principi affermati dalle sentenze della Corte: i pazienti hanno diritto a essere rimborsati per i costi delle cure sostenute in un altro Stato Ue, anche se solo in misura equivalente a quanto avrebbero ricevuto dall’assistenza sanitaria nazionale. Per le cure ospedaliere, i giudici europei hanno invece stabilito ("Smits e Peerbooms" C-157/99 e altre) la necessità di un’autorizzazione preventiva da parte dell’autorità nazionale, a meno che non sia ottenibile in un lasso di tempo giustificabile in relazione allo stato di salute del paziente. In caso di interminabili liste d’attesa, esiste il diritto, insomma, di andare in un ospedale straniero, anche senza autorizzazione dell’Asl.

L’Italia ha fatto scuola con la condanna ricevuta nel gennaio 2002 per la legislazione su fiere ed esposizioni (causa C-439/99), poi riformata. La Corte ha stabilito che l’attività di chi volesse organizzare una fiera in Italia, veniva ingiustamente ostacolata da un fuoco di sbarramento di requisiti, in parte fissati da leggi regionali: dall’esigenza di disporre una sede permanente a livello nazionale, a quella di avere un particolare status giuridico o di esercitare attività senza fini di lucro. Per i giudici europei anche la richiesta a un prestatore di servizi straniero di un’autorizzazione amministrativa, non richiesta a un proprio cittadino, costituisce una restrizione ingiustificata (sentenza C-355/98).

Importante anche la condanna di una legge di Parigi (sentenza "Caixa Bank" C-442/02) che ha stabilito l’illegittimità dell’obbligo imposto alle banche di non remunerare i conti di deposito a vista, considerata una barriera di fatto per ostacolare l’accesso al mercato francese a operatori stranieri nei servizi bancari. Una misura nazionale di natura restrittiva può essere giustificata, secondo la Corte europea, solo da «ragioni imperiose di interesse generale». Si impone però un test di proporzionalità rispetto agli obiettivi, che né la misura italiana sulle fiere né quella francese sui depositi a vista hanno superato.

L’avvocato generale Miguel Poiares Maduro ha anche recentemente sostenuto (cause c-94/04 e c-202/04), che gli onorari minimi obbligatori degli avvocati italiani costituiscono ostacoli, contrari alla libera prestazione dei servizi tutelata dall’articolo 49 dei Trattati. I tariffari obbligatori italiani non sarebbero infatti giustificati da esigenze inderogabili di interesse pubblico e impedirebbero agli avvocati stranieri di praticare tariffe più basse, anche quando ciò fosse possibile. Bocciati anche i vincoli che riservavano in Italia solo ai Centri elaborazione dati servizi di compilazione delle buste paga (sentenza "Payroll" C- 79/01), in quanto ostacolavano l’arrivo di aziende straniere.

In opposizione alla fobia dell’idraulico polacco va poi la bocciatura della Corte del 2000 (sentenza c-358/98) dell’obbligo di iscriversi all’albo regionale delle imprese artigiane, che veniva imposto in Italia alle imprese di pulizia. Ancora una barriera occulta.

L’Europarlamento ha fatto cadere poi gli articoli 24 e 25 della direttiva, a tutela dei lavoratori distaccati all’estero. Ma anche in questo caso continueranno a far fede sentenze degli eurogiudici, come quella (C-244/04) che il mese scorso ha condannato la Germania per aver chiesto il visto a lavoratori extra-comunitari alle dipendenze di una società di un altro Paese Ue. Un altro requisito "sproporzionato" rispetto all’esigenza di far funzionare il mercato dei servizi in Europa.

Enrico.brivio@skynet.be

Newsletter