
«Vi spiego il miracolo Fiera»
di Marco Mangiarotti RHO-PERO – Il presidente si affaccia sul nuovo quartiere di FieraMilano e su una trimestrale ottobre-dicembre molto positiva per il gruppo. Nei suoi uffici hi-tech davanti alla vela di Fuksas, Michele Perini commenta i numeri: ricavi consolidati a 79,0 milioni di euro (+25 per cento), MOl a 7,5 milioni (contro 112mila euro). Soprattutto: 438mila metri quadrati netti venduti (+ 46 per cento). «Raggiungeremo gli obiettivi di gestione annunciati per il 2005-2006». Parole di miele per gli azionisti e la Fondazione, a cui va più della metà degli utili. Un primo bilancio sul Nuovo Polo? «FieraMilano si è dotata di un grande contenitore, completamente autofinanziato, che non è un progetto statico. Trasforma eventi fieristici in momenti di comunicazione, dalle grandi fiere alla specializzazione estrema. E’ un’idea modulare: può ospitare otto manifestazioni in otto padiglioni indipendenti. E poi è la dimostrazione del saper fare milanese: è stata realizzata in tempi molto stretti. A differenza della Bre-Be-Mi e della Pedemontana, ancora ferme. Le manifestazioni test sono addirittura partite in anticipo, nel marzo 2005. In questi giorni abbiamo Milanovendemoda, Anteprima, Milano Moda Donna, Bit e More a MilanoCity; Milano Unica, Ipack-Ima, Plast’ 06 a Rho-Pero». Quali benefici porta ai milanese e ai lombardi? «Migliaia di posti di lavoro, un indotto importante. La capacità di fare sistema. Un esempio. Vorremmo gestire tecnologicamente i dati di infoviabilità non solo per avvisare espositori e visitatori (movimentiamo 4 milioni e mezzo di persone l’anno) che c’è il tappo della A4 uscendo dalla A8, ma per migliorare la qualità della vita di tutti». Il problema dei collegamenti e delle infrastrutture è parzialmente irrisolto. «Certo. Servirebbe il collegamento ferroviario con Malpensa (abbiamo già i binari che arrivano qui), ma siamo molto soddisfatti della collaborazionecon Soresina e l’Atm. Corse più frequenti (4 minuti di attesa) e il biglietto di 24 ore a 5,50 euro è una facilitazione che pochi paesi europei hanno: costa di più il biglietto da Parigi a La Villette. Ed è importante perchè il 51 per cento dei visitatori e il 30 per cento degli espositori utilizza la metropolitana. Il problema dei parcheggi è che l’area esterna è stata data in gestione, ma il costo è in linea con le altre fiere europee. Non dobbiamo sempre sparlarci addosso: leggo che Milano è una delle città più care al mondo ma un cappuccino a Parigi non costa meno di 5,50 euro. A Milano 1,50». Come si può migliorare l’offerta? «L’accordo con il Museo della Scienza, dopo quello con la Triennale, fa sì che in concomitanza con Plast’ 06 ci sia una mostra dedicata a Giulio Natta, il padre del moplen. Noi abbiamo la Scala e gli Arcimboldi, la Biblioteca Ambrosiana e il Poldi Pezzoli, il Castello Sforzesco e Brera. Il Blue Note per il jazz. Dobbiamo offrire a chi viene per vendere i suoi prodotti, incontrare le aziende, aggiornarsi, il pacchetto delle nostre eccellenze, della nostra tradizione e cultura. E la Camera di Commercio potrebbe attivare il marketing territoriale con una card. Abbiamo moda, design, offerta musicale e museale, siamo la città dove ha lavorato Leonardo Da Vinci e ne ha lasciato il segno, dal Cenacolo ai Navigli. In Nuova Zelanda ti fanno vedere come si tosa una pecora per dieci dollari, noi abbiamo di meglio». Nella sua analisi manca l’agroalimentare. «Obbiamo offerto a Parma, che ha Cibus, di fare una manifestazione biennale a Milano da leader mondiale del settore, che abbia la massa critica per competere con Parigi e Colonia. Intanto noi faremo nel 2007 Tuttofood. L’intesa con Verona su Transpotec & Logitec dimostra che la collaborazione è possibile. Il problema italiano è che entrano spesso in gioco interessi politici e localistici: se fossimo tutti quotati in borsa faremmo gli accordi che suggerisce il mercato. Siete in rotta sull’edilizia con Bologna? «Loro hanno quattro manifestazioni, ma Milano con dieci milioni di metri quadrati di aree da riqualificare sarà nei prossimi anni il più grande cantiere d’Europa. Nella ex Fiera, nella Città dell’Oro e della Moda, nell’ex Pharmitalia e Richard Ginori, alla Nuova Stazione Centrale. Nella ex Falk a Sesto. Abbiamo il vantaggio, arrivando dopo Londra, Parigi, Berlino, Barcellona, Siviglia e Lione, di poter prendere il meglio. A Milano sono sbarcate tutte le più importanti società di “real estate” del mondo, i più grandi architetti. Per questo nel 2007 partirà Build Up Expo: porteremo i visitatori sui cantieri». Il nostro ruolo nella competizione globale? «Per la città e la Regione non solo il terziario, ma anche una vocazione manifatturiera che deve solo trovare un equilibrio con il territorio più densamente popolato d’Europa. Poi dobbiamo andare nei nuovi mercati. Noi abbiamo fatto accordi con l’India e la Cina (Shangai), il Brasile (San Paolo) e la Russia. Dobbiamo solo evitare l’errore tedesco: hanno costruito troppe grandi fiere (Hannover, Colonia, Monaco, Dusseldorf) e sono in crisi». È ottimista? «Conto sulla forza dei milanesi. E di FieraMilano, che è ormai con Hannover la prima in Europa».