
Fiere, il modello veneto è pronto a nuove alleanze
di Roberta Paolini Vicenza. Qualcosa è cambiato nel modello fieristico veneto. Sarà per la competitività di Fiera di Milano, sarà perché alcuni eventi in cui si è cimentata ultimamente l’organizzazione meneghina hanno dimostrato che non si possono improvvisare competenze e che non basta una struttura imponente per creare un evento. Qualunque sia la ragione il modello veneto ne è uscito rinfrancato e pronto ad aprirsi a nuove alleanze. Per Valentino Ziche, presidente dell’ente Fiera di Vicenza, dopo tanti buoni propositi a collaborare finalmente qualcosa si muove. «I tempi sono velocemente cambiati – nota Ziche – e dalle enunciazioni di principio si deve passare ai fatti, perché il sistema fieristico italiano è talmente frastagliato che se vogliamo creare eccellenza e efficienza nel nostro settore per prima cosa dobbiamo razionalizzare i calendari». Secondo Ziche i clienti vanno messi in condizione di spostarsi agevolmente e in momenti determinati. «Se una volta l’espositore si poteva muovere all’interno dei confini nazionali, in un’economia mondializzata questo non può più accadere. Oggi si parte da Hong Kong, da Caracas, da Las Vegas per partecipare ad un evento». Interrogato sui possibili legami con i vicini di casa, padovani e veronesi, Ziche non nasconde uno spirito fortemente proteso all’alleanza, seppur con una punta di rammarico. Il suo parere è che sulle vicende societarie di Fiera di Padova, conquistata poi dai francesi di Gl Events, «è stata persa un’occasione». «Io non c’ero, ma credo che con un incrocio societario sarebbe stata d’obbligo la collaborazione. Oggi ci sono cooperazioni con Padova e Verona, certo che se Fiera Vicenza fosse una società per azioni sarebbe più facile creare accordi con l’incrocio di partecipazioni societarie». Per Ziche è dunque caldamente auspicabile che i tre enti proprietari realizzino al più presto la trasformazione dell’assetto societario, da spa la Fiera di Vicenza ha più di qualche punto da spendere sulle intese. Ecco allora che riportare a Vicenza dopo vent’anni l’assemblea dell’Aefi, l’organizzazione formata dai rappresentanti dei trentanove centri fieristici più importanti del Paese, assume un significato decisivo. «È segno di apertura al dialogo con il sistema fieristico nazionale – è il parere di Corrado Facco segretario generale dell’Ente fiera vicentino -. Finora si è badato troppo al proprio territorio e troppo poco alla strategia di cooperazione coordinata». Il modello va dunque rivisto secondo Facco, «perché ogni ente ha le capacità per assumere ruolo di leadership nel proprio segmento merceologico. Noi dobbiamo riconquistare la fiducia delle piccole e delle medie imprese su alcune aree. La fiera deve anticipare i tempi e conferire ulteriore qualità al servizio». Favorevole ad un’integrazione strategica si dice Andrea Olivi, amministratore delegato di Fiera di Padova per il quale «ci sono ampi spazi di collaborazione con Vicenza. Credo in un approccio industriale dei progetti fieristici, frutto delle reciproche competenze e convenienze». Per Olivi va però sdoganato l’evento fieristico dall’accezione di “vetrina della città”. Per il manager padovano «bisogna essere in grado di integrarsi maggiormente con gli espositori che rappresentiamo creando valore aggiunto nei nostri servizi e rianimando, anticipando il mercato». Sul pericolo milanese Piergiacomo Ferrari, amministratore delegato di Fiera di Milano e presidente Aefi, ha un approccio distensivo. Anzi, si candida per futuri accordi con il Veneto e con Vicenza. Che l’unione faccia la forza l’Aefi lo ha già dimostrato, conquistando risultati tangibili a livello di sistema. «Abbiamo ottenuto dal ministero delle Attività produttive sostegno per le iniziative all’estero delle fiere italiane con un accordo di programma di sviluppo dell’attività – afferma Ferrari – a cui si aggiunge uno stanziamento a favore delle infrastrutture per agevolare l’accesso alle fiere uscito dall’ultima Finanziaria e la defiscalizzazione degli utili reinvestiti».