
Fiera, i soci mettono mano al portafoglio
Fiera, i soci mettono mano al portafoglio FORLì – Risanamento vero o tampone d’emergenza per chiudere semplicemente la falla? Il dibattito su presente e futuro della Fiera di Forlì era, e resta, aperto. Anche dopo il confronto che ha animato il Consiglio comunale, chiamato a decretare (con il voto compatto della maggioranza, il “no” di Fi e “Viva Forlì” e l’astensione di An) la compartecipazione finanziaria al piano di sviluppo quadriennale della società fieristica.In sintesi, i cinque soci di maggioranza di “Fiera Spa” – Comune, Camera di Commercio, Carisp, Fondazione e Provincia – verseranno complessivamente nelle casse societarie 270mila euro per l’esercizio 2005, 315mila per il 2006, 300mila nel 2007 e 200mila nel 2008. Per il Comune si tratta di devolvere una prima tranche di 82mila 900 euro, poi altri 96mila, 92mila nel 2007 e 61mila nel 2008. Intervento finalizzato a sostenere il risanamento economico attraverso la riduzione dei costi di gestione e gli investimenti per l’individuazione di nuove rassegne collegate ai settori emergenti dell’economia locale. E di rilancio la Fiera di Forlì sembra proprio averne bisogno, “annaspando” tra bilanci ancora in rosso e lotta fratricida con Cesena. Una guerra tra poveri per togliersi di mano piccoli bocconi, come hanno unanimemente riconosciuto sia maggioranza che opposizione. Dibattito, una volta tanto, ricco e analitico. “Riconosco al presidente Romeo Godoli di aver fatto l’impossibile per rimediare ai guasti della passata gestione – ha esordito Flavio Giunchi (Fi) – ma il piano di sviluppo presentato non rappresenta ancora un consolidamento strategico-operativo”. Marino Bartoletti (Viva Forlì) si dice deluso dagli intenti della Fiera. “Non c’è una seria volontà di crescita – accusa – non si capisce che direzione intenda prendere e quali sinergie pensi di attivare con le altre realtà fieristiche regionali”. Mentre la nomina di un direttore generale “apolitico” viene trasversalmente ritenuta un passaggio fondamentale per assicurare una prospettiva di crescita manageriale dell’area espositiva, sono i dissidi con Cesena e l’attivazione di nuovi saloni a preoccupare i componenti l’assise. “La volontà di risanamento si vede – afferma Paolo Ragazzini (Ds) – ma il futuro deve passare dal fare sistema fieristico e da rassegne innovative e vicine alla nostra economia. Penso alla nautica, al settore vitivinicolo e aeroportuale”.”Se la Fiera è basilare per lo sviluppo di Forlì – ammonisce Alessandro Castagnoli (Margherita) – si programmi un calendario assieme a Cesena per evitare una guerra tra poveri”. Obiettivo che potrebbe sostanziarsi in un’unificazione delle società di gestione dei due Comuni, come auspica anche il Pri.”Lo propongo da dieci anni – replica Antonio Nervegna (Fi) – ma la Provincia elude il suo ruolo programmatorio”. E così la partita resta aperta, tra mille ricette e le solite provocazioni. Come quella di Francesco Aprigliano (An): “O facciamo una Festa de L’Unità permanente o chiudiamo la Fiera e vi apriamo tanti asili nido”. Enrico Pasini