Rassegna stampa

Padiglioni alle Grandi Manovre

Tra bracci di ferro e prove di alleanza, come si muovono i protagonisti nazionali del settore. Il sistema-Italia è il numero 2 al mondo dopo la Germania Le manovre in quel grande barnum delle fiere che è il sistema italiano partono da lontano, da una riforma mai regolamentata che lascia nelle mani dei legislatori regionali il vero potere di scegliere e decidere settori di attività e strategie. Ci si trova così, nell’Italia delle tipicità e del marchio di qualità dei propri prodotti agroalimentari, per fare un esempio, con almeno cinque poli fieristici che ambiscono a diventare punti di riferimento internazionali del nostro paese nel settore del food. Troppo ostico addentrarsi nelle ragioni che ciascuno adduce a sostegno delle proprie scelte. Se Bari intende promuovere di suo una fiera internazionale dell’agroalimentare del Sud ha senz’altro validi motivi. Se Milano mette in calendario una propria grande manifestazione, è il caso di Tuttofood 2007, intende legittimamente polarizzare l’attenzione sul proprio ruolo di interlocutore dei principali mercati. Che poi Parma, con la sua Cibus, Verona e gli altri intendano difendere primati acquisiti sul campo è nella logica delle cose, così come non si può disconoscere a Roma la voglia di dare vita, nel suo quartiere prossimo venturo, a un appuntamento internazionale di rilievo, sempre nel medesimo settore. L’unico pericolo è che si finisca per depotenziare nel suo complesso il sistema-Italia, in tempi di congiuntura economica difficile a livello internazionale e di concentrazioni di marchi e di aziende nelle mani di un numero ridotto di grandi player multinazionali, fattori che determinano scelte sempre più selettive e avare in termini di partecipazione alle fiere. Conforta, in qualche modo, il fatto che non mancano i casi in cui le ragioni dell’alleanza prevalgono su quelle della concorrenza a tutti i costi. È recente il caso, per tornare a Fiera Milano, che per la sua forza organizzativa ed economica è inevitabilmente al centro di tali questioni, dell’intesa raggiunta dal polo meneghino con VeronaFiere nel settore dell’autotrasporto. Dopo la reazione forte all’acquisizione della società organizzatrice di Traspotec e Logitec e la conseguente decisione di spostare da Verona a Milano la sede dell’esposizione, infatti, si è arrivati alla nascita di una compagine in cui le Fiere di Milano e Verona convivono e punteranno insieme a conquistare, grazie ai nuovi spazi offerti da Rho-Pero, nuove opportunità di mercato. ´In Italia’, ha ricordato di recente Piergiacomo Ferrari, amministratore delegato di Fiera Milano e presidente sia di Aefi (l’associazione nazionale degli enti fieristici) che dell’omologo europeo Emeca, ´si svolgono complessivamente più di mille manifestazioni fieristiche all’anno. Un dato che colloca il nostro paese ai vertici del mercato mondiale, subito dopo la Germania. Il 75% delle imprese vede nella fiera uno strumento fondamentale per il proprio sviluppo e il 50% delle esportazioni nasce da contatti originati dalla partecipazione alle manifestazioni fieristiche’. Terreni di scontro da trasformare, in chiave positiva, in confronti e quindi in sinergie funzionali alle esigenze del sistema-Italia, non ne mancano. Si guardi all’edilizia, nuovo fronte sul quale si cimenterà ancora Fiera Milano nel 2007, insidiando il primato nel settore di BolognaFiere; oppure al turismo, dove la Lombardia stavolta è sotto attacco, dopo la stipula dell’alleanza Roma-Rimini e il progetto di dare vita nella capitale a una grande fiera rivolta ai paesi del Mediterraneo. Certo, grande è bello ma fa paura. Perché di questi tempi non è facile riempire gli spazi e conservare alta qualità, e quindi strategicità, dei contenuti. Alla forza espositiva e finanziaria di Milano si va quindi naturalmente a contrapporre l’istituzionalità e l’accessibilità della capitale, con un quartiere nuovo di zecca, con un forte potere di attrazione. Entrambi questi attori, la Fiera Milano di oggi e la Fiera di Roma di domani, sono temuti comunque, sia che si stringano la mano, sia che si logorino reciprocamente in un braccio di ferro. C’è da auspicare che prevalgano l’esperienza, la conoscenza dei mercati e il know how milanese e, al tempo stesso, il fair play che il presidente della holding capitolina, Andrea Mondello ha sintetizzato presentando il progetto del quartiere in una frase: ´Non ci sentiamo Roma contro altre città: siamo parte del sistema-paese. La nostra fiera non spazzerà via altre realtà ma lavorerà per contribuire a spostare le quote di mercato verso l’Italia, affinché non si vada a dividere una torta che rimane uguale, ma una torta che cresce’. Come andrà a finire? I quartieri, per così dire minori, dovranno affinare qualità e radicamento nei settori di riferimento: la logica della sempre più serrata specializzazione è destinata a prevalere. Mentre il mercato delle fiere locali o interregionali è legato a esigenze di presenza e accessibilità sul territorio che non possono essere stravolte, quello delle strutture espositive internazionali può invece solo beneficiare della competizione, a condizione che i contendenti giochino questa partita con la consapevolezza che i veri avversari si trovano oltre i confini nazionali, cercando di creare profitto, facendo vivere e crescere le fiere come meravigliosi e potenti strumenti di marketing. (riproduzione riservata)

Newsletter