
Il metodo Milano per la fiera
Autofinanziamento e concertazione con istituzioni
L’hanno chiamato il metodo Milano. E con questo si intende la complessa operazione, anche di ingegneria finanziaria, oltre che di progettazione e di costruzione, che ha permesso alla Fondazione Fiera Milano, presieduta da Luigi Roth, e dal suo braccio operativo, Sviluppo sistema fiera, società di ingegneria amministrata da Claudio Artusi, di mettere in piedi un piano che permettesse in autofinanziamento di realizzare il nuovo polo espositivo, il più grande del mondo, alla periferia di Milano, a Pero-Rho, sulla direttrice del cosiddetto corridoio europeo numero 5 di trasporto intermodale che collegherà Lisbona con Kiev. Un polo nuovo, firmato da Massimiliano Fuksas e costato oltre 650 milioni, che la Fondazione Fiera Milano ha ricavato dalla contemporanea valorizzazione dell’ex Fiera campionaria nel centro di Milano attuando, in accordo con il comune e le istituzioni pubbliche, una gara internazionale per la trasformazione e la riqualificazione del cosiddetto polo urbano di Fiera Milano. Un’operazione che ha marciato, in contemporanea, su un doppio binario sinergico, attuato da privati in concertazione con le istituzioni pubbliche. Questa esperienza, il metodo fiera, l’innovazione urbanistica, il focus sulla riqualificazione del polo urbano, il metodo di finanziamento del polo fieristico esterno a Milano-Pero-Rho, la gara internazionale, la valutazione dei progetti in concorso, il rispetto del territorio come base per il marketing territoriale sono raccontati in un volume a due voci dal presidente di Fondazione Fiera Milano, Luigi Roth, e dall’amministratore delegato di Sviluppo sistema fiera, Claudio Artusi, perché questo metodo Milano, unico, diventi ripetibile. E, al riguardo, all’orizzonte sembra che qualcosa si stia mettendo in moto secondo Roth. ´Il primo passo di questo metodo’, spiegano Roth e Artusi, ´è stato pensare da ingegneri, architetti, sociologi, costruttori, banchieri, cittadini, istituzioni e naturalmente anche da fieristi, per cercare di dare una risposta sin dall’inizio alle possibili domande’, e considerando il progetto con un ´approccio di sistema’, ´un approccio che porta a rendersi conto che nessun fattore, anche il più debole, deve essere trascurato’. Secondo elemento è stata l’idea di partire dagli stakeholder, dalla comunità di riferimento anziché dall’idea e dai suoi aspetti pratici e realizzativi. ´La capacità di integrazione, di far dialogare le parti tra loro è l’elemento che ha portato valore aggiunto. Invece di vivere le richieste di ciascuno dei soggetti coinvolti come se fossero degli ostacoli, le abbiamo considerate come risorse, invece di ignorarle le abbiamo incluse, facendole diventare patrimonio comune dell’intero progetto’. Ma ciò che veramente ha portato al superamento degli ostacoli è stato il desiderio di guardare al ´dopo-fiera come a un miglioramento per la città, non come a una semplice compravendita di metri quadrati edificabili’. In che cosa sta l’unicità di questa riqualificazione? Lo spiega Gianni Verga, assessore allo sviluppo del territorio del comune di Milano. ´Innanzitutto’, ha detto, ´l’operazione ha visto per la prima volta la partecipazione e il coinvolgimento non solo di comune e Fiera ma anche di diversi soggetti pubblici e privati come regione e provincia, università, scuole, advisor, oltre all’intera città’. E poi c’è il fattore ´ripetibilità’: ´un’amministrazione può assumere anche in altre circostanze, non solo nel rapporto con la Fiera, un ruolo di promotore e non di controllore, perché sa come mettere a disposizione strutture nuove e svincolate dagli eccessi della burocrazia, e sa anche come dialogare con le altre istituzioni’.