
Panorama critica Torino e propone di spostare la Fiera del Libro
Panorama critica Torino e propone di spostare la Fiera del Libro
Giuseppe Culicchia E se la Fiera del Libro di Torino infine traslocasse? Se lo chiede, anzi se lo augura, Roberto Cotroneo sull’ultimo numero di Panorama. Ma se lo chiedevano già in tanti 18 anni fa, alla fine del primo salone. Me lo ricordo bene, perché allora ci lavoravo come precario (anche se i contratti a termine erano di là da venire e la parola «precario» non era ancora entrata nell’uso corrente), e la festa di chiusura venne percorsa da un timore-tremore. Alla prima edizione, la «kermesse» torinese era andata talmente bene che tutti ci scommettevano: dall’anno seguente, si sarebbe fatta a Milano. Poi invece è andata come sappiamo. Cotroneo lamenta le rughe della manifestazione, le rimprovera di non essere diventata la Francoforte italiana, scrive che gli editori non portano più il catalogo, e naturalmente che Torino non è centrale, e quindi che la Fiera è sonnolenta, soffre di spleen einaudiano, richiama solo le scolaresche di Moncalieri o al massimo di Alba, è sovraccarica di convegni e non occupa più lo spazio di un tempo sulle pagine culturali dei quotidiani. Lui la vorrebbe trasferire nei luoghi dove oggi si fa editoria (e dunque innanzitutto a Milano), oppure in versione itinerante, un po’ qui, un po’ là. Che dire? Certo, gli editori non portano più il catalogo, ma (tranne lodevoli eccezioni) quasi solo le novità. E’ colpa della fiera? O forse del sistema editoriale italiano, che anche in libreria oggi come oggi è solo capace di ragionare secondo «redditività a metro quadro» e «indici di rotazione», col risultato che un libro non dura più di un mese tra il banco e lo scaffale? E’ vero, i giornali alla Fiera hanno dedicato meno spazio. Ma in genere ne dedicano sempre meno ai libri (lo stesso Cotroneo cita l’esempio dello Strega, che un tempo finiva in prima pagina e oggi non più: forse anche perché ormai da anni si conosce con mesi di anticipo il nome del vincitore). Quanto alle scolaresche, confermo, vengono da Moncalieri e da Alba: ma anche Monopoli (io ne ho incontrata una proprio quest’anno), e non si capisce bene perché le scolaresche siciliane che non vengono a Torino dovrebbero accorrere in massa a una fiera fatta a Milano. Non è questione del solito ritornello, della serie noi torinesi odiamo Milano perché a Torino nascono le cose e Milano ce le strappa: è che Milano, obiettivamente, non è dal punto di vista culturale una città più vivace di Torino. A Milano, dagli anni ’80 in poi, ci si occupa soprattutto di sartoria. La fiera itinerante in fondo c’è già: si chiama Galassia Gutemberg a Napoli e Festival di Mantova e Fiera del libro per ragazzi a Bologna. Su una cosa però forse Cotroneo ha ragione: i convegni alla Fiera di Torino sono davvero troppi. E temo che l’anno prossimo ce ne sarà uno in più, sulla proposta di Cotroneo di spostare da Torino la fiera medesima. In realtà è un convegno che dura da diciotto anni. Amen.