
Fiere, cambiare per non morire
«Un’industria ripiegata su se stessa, alle prese con le necessità di proteggere i propri dati e di tagliare i costi, guidata da leader It che forse, anche a causa della recessione, sembrano essere venuti meno alla propria missione di creare innovazione».
lfa Il Sole-24 ore del 27 dicembre scorso, commentava così l’andamento del Comdex di Las Vegas.
Un’analisi lucida ed efficace che sintetizza chiaramente il difficile momento che sta attraversando il sistema espositivo internazionale dell’area Ict. Una difficoltà legata alla crisi del settore e aggravata dalla congiuntura economica negativa e dalla fase di transizione tecnologica. Basta un veloce esame degli andamenti delle grandi manifestazioni per scorgere una situazione, come minimo problematica, che deve essere oggetto di attenta riflessione: il Comdex, cui quattro anni fa abbiamo sottratto il secondo posto nella graduatoria degli eventi Ict, ha fatto segnare nell’edizione 2003 una dimensione espositiva inferiore a un quarto di Smau: a fronte dei 200mila visitatori del 2000 ne sono stati dichiarati 40mila.
Analogo affanno ha mostrato il Supercomm (telecomunicazioni Usa) che dai 53mila visitatori del Duemila è sceso ai 23mila dello scorso anno. Le medesime considerazioni possono essere svolte per il Systems di Monaco (da 16 padiglioni a 7), per l’Orbit-Comdex di Basilea e, in misura minore, per il Cebit di Hannover, che ha comunque dimenticato i tempi delle liste d’attesa per affrontare quello della riduzione di spazi espositivi assoluti.
Questo generale arretramento degli eventi legati alle nuove tecnologie non può non indurre riflessioni, anche profonde, sul modo di concepire l’offerta espositiva del settore. Senza tuttavia dimenticare che solo qualche anno fa si concorreva a gomitate per le licenze Umts, a colpi di migliaia di miliardi. Che le .com rappresentavano un intero universo, oggi in gran parte scomparso, e che la suggestione progressiva del comparto era alle stelle e gli attori molto più numerosi e vogliosi di espandersi e globalizzarsi. Inoltre, si investivano cifre rilevanti nella promozione di start up, nuovi portali, modelli di e-commerceland che poi sono scomparsi in grande numero. Per non parlare del l’offerta d’innovazione al mercato da parte delle aziende, che negli ultimi tempi si è concentrata sulla cosa che attira, sulla tecnologia che deve ancora venire, senza rendere invece fruibili prodotti e servizi già consolidati e alla portata dell’utente.
Due esempi positivi. In questo contesto Smau ha sostanzialmente tenuto, migliorando addirittura la sua posizione nel gruppo dei grandi eventi Ict internazionali. E anche nell’edizione 2003 non sono mancati elementi di positività. Due esempi: il caso Sap con oltre 400 pacchetti Business one venduti durante la manifestazione e le 11mila transazioni avvenute nell’area E-commerceland per un controvalore pari a 800mila euro.
Anche a Smau, tuttavia, abbiamo dimenticato di curare in maniera adeguata alcuni aspetti fondamentali dell’esperienza espositiva: dal posizionamento corretto del l’azienda in funzione al messaggio, alla reale contiguità tra offerta e contenuti collegati; dall’omogeneità espositiva, alla qualità di alcuni servizi fondamentali, al supporto operativo all’espositore. Troppe volte li abbiamo dati per scontati.
La caratteristica di Smau è stata sempre quella di anticipare i tempi e cercare di catturare le tematiche bollenti, non a caso stiamo lavorando per dare ampio spazio al digitale terrestre nell’edizione 2004. Ma la cosa che non dobbiamo mai dimenticare nel nostro essere fiera è che al piccolo espositore interessa avere un buon posto, che abbia una visibilità adeguata, che sia correttamente supportato dal punto di vista dell’assistenza logistica, tecnologica e di comunicazione. Tutte cose che sembrano banali ma che non sempre avvengono. Il problema che noi dobbiamo superare è quello di avere una visione sintetica della manifestazione, incentrata cioè sui grandi espositori, sulle loro impressioni, sui mega convegni che affrontano le tematiche di attualità, sulla presenza istituzionale più o meno nutrita. Su tutto questo, su come formulare una efficace offerta espositiva, c’è stata una profonda riflessione al nostro interno, che ci ha portato alla convinzione di rafforzare notevolmente le attività di supporto e assistenza al cliente, su tutti i fronti: Smau 2004 sarà il banco di prova di questo nuovo orientamento.
Non solo business. Troppo spesso nelle aziende, e Smau non fa eccezione, prevale la visione squisitamente commerciale: una volta ottenuta l’adesione al prodotto o al servizio offerto, si considera concluso l’affare e il rapporto con il cliente tende a finire lì. Soprattutto in momenti di difficoltà del settore, come è stato negli ultimi anni, l’attenzione si è rivolta alla necessità di acquisire partecipazione. Ma questo ha inevitabilmente provocato una deriva di attenzione della gestione globale del cliente. Dobbiamo coinvolgere maggiormente le aziende nella formazione delle scelte, trasformando in partnership il tradizionale rapporto di clientela. E soprattutto dobbiamo recuperare un’umiltà operativa che abbiamo perso nel momento in cui molti di noi si sono concentrati sui grandi temi istituzionali, sugli ospiti eccellenti, sui grandi espositori. Tutte cose importanti, per carità, ma che non possono distoglierci dal resto. Dalla necessità di presidiare la manifestazione nei suoi aspetti più normali. Di dare risposte ai tanti problemi quotidiani che forse non hanno il sapore delle grandi scelte strategiche, ma rappresentano il fattore igienico minimale per la buona salute della manifestazione. Se manca questo fattore ci si ammala e le conseguenze sono imprevedibili.
In questo quadro è importante riesaminarsi criticamente, con determinazione e puntiglio, per ritrovare insieme al mercato la strada dello sviluppo e della propositività. Ed è ancora più importante oggi che l’innovazione appare come la principale speranza per la ripresa del Sistema Italia.
* Presidente Smau