Rassegna stampa

Una “freccia” puntata verso l’Europa

La riqualificazione della “vecchia Fiera” sta all’Europa come il Duomo sta in un libro di storia dell’arte. Non ci sono mezzi termini, nè possibilità di ridimensionamento: volendo dare alla riqualificazione del polo urbano una dimensione internazionale, si sono attirati sul progetto non solamente gli sforzi ideativi dei più grandi architetti (ma sarebbe il caso di utilizzare la parola “maestri”) del mondo, bensì l’attenzione di tutta l’Europa. Finalmente, dopo decenni di stasi, Milano si sta svegliando dal torpore urbanistico che l’ha tagliata fuori dallo sviluppo innovativo di tutte le maggiori città europee e, proprio per questo, con la gara per il rifacimento di una delle aree strategiche più centrali del capoluogo lombardo dovrà far valere le proprie credenziali di città al passo con i tempi.
La riqualificazione del polo urbano non è certo l’unico grande progetto in cantiere, ma è a tutti i titoli quello che fungerà da biglietto da visita delle capacità di risveglio architettonico (e, di conseguenza, economico) italiano. Se ciò che ne nascerà sarà “brutto”, ne faranno le spese, a cascata, tutti gli attori coinvolti nel real estate italiano. Se la “vecchia Fiera” non piacerà, sarà un pastrocchio, non avrà un’identità, ne soffriranno anche tutto il polo Garibaldi Repubblica Città della moda (che peraltro sta già scontando rilevanti incertezze per contestazioni giudiziarie), il progetto di Porta Vittoria con la sua costosa Biblioteca europea, le aree di sviluppo urbano legate ai poli universitari, lo stesso grande progetto di sviluppo privato di Montecity Rogoredo. Ma anche Roma non potrà gioire. I riflettori dei maggiori operatori europei sono oggi puntati sulla gara per il rifacimento dei Mercati Generali e che figura ci farà l’Italia se vincerà a Milano un progetto che non fosse davvero il migliore possibile? E che dire dell’Eur, su cui si stanno concentrando le attenzioni di developer internazionali, in particolar modo tedeschi e francesi, disposti a scommettere su un nuovo ruolo della Capitale in termini di design architettonico e catalizzatore culturale?
La bellezza, l’innovatività, l’usufruibilità da parte dei cittadini (e non solo dei residenti nella zona), ma anche la fattibilità del l’equilibrio economico finanziario del progetto vincitore sono dunque cruciali. E le lamentele di alcuni operatori non si sono fatte attendere. La domanda dunque resta: le esigenti richieste del committente, sia in termini di costi del terreno sia di mantenimento successivo delle aree, consentiranno davvero di decretare vincitore il miglior progetto e, soprattutto, di portarlo a compimento così come ideato, o vincerà il “vil denaro”? Di esempi di geniali progetti di architetti di nome poi indegnamente ridimensionati e, di conseguenza, banalizzati, le città sono purtroppo piene.
Il compito non è facile. La gara prende in considerazione due ambiti: l’area di trasformazione di proprietà della Fondazione Fiera, derivante dalla riduzione del perimetro del polo fieristico urbano, e le aree di natura pubblica adiacenti alla restante parte del quartiere fieristico. In queste ci sono anche il campus scolastico di via Gattamelata e il velodromo Vigorelli. Ma soprattutto il tema centrale è la realizzazione di un parco urbano e di spazi pubblici per almeno il 50% dell’area di trasformazione. Il nostro Central Park, l’ha definito qualche mese fa il sindaco Gabriele Albertini. Speriamo. I cittadini, tramite questionari, si sono anche già espressi su cosa vorrebbero (verde attrezzato, parchi liberamente usufruibili, più spazio per amanti degli animali e così via) e il parco dovrà poi costituire un elemento di continuità urbana, collegandosi idealmente con gli spazi verdi di Garibaldi Repubblica.
La procedura scelta dal venditore sembra essere tale da fugare qualsiasi dubbio. Soprattutto, va sottolineata la scissione tra la valutazione tecnico-architettonica da quella economica: la valutazione dell’offerta tecnica precederà infatti l’apertura delle buste contenenti l’offerta economica. Pertanto, durante la fase di valutazione delle offerte tecniche, il Comitato di gara (composto da Luigi Roth, Claudio Artusi, Marcello Botta, Maurizio Filotto, Giorgio Montingelli, Rodrigo Rodriquez) non sarà a conoscenza delle offerte economiche. Un fatto, questo, importante. D’altra parte, la stessa forma a freccia dell’area vista dall’alto parla da sé: è il nuovo polo urbano a tracciare la direzione. Della città e non solo.

SCHEMATIZZANDO
31
marzo 2004, la data in cui scadeva il termine ultimo per la presentazione delle offerte
5
il numero delle cordate rimaste in gara. Inizialmente erano otto. Il primo a ritirarsi è stato il gruppo olandese Am Development Bv. Poi la cordata formata da Ing real estate e l’italiana Pizzarotti è confluita in Aprile. Infine, quest’ultimo raggruppamento, guidato da Hines Italia in tandem con Aedes, Gallotti e Techint, qualche settimana fa si è ritirato, pur lasciando a disposizione il progetto architettonico che sarà presentato comunque
40
i gruppi tra istituzioni finanziarie, developer, promoter, imprese di costruzioni, società di global service e di project management, oltre a importanti studi di progettazione di fama mondiale, coinvolti nella gara

31

luglio 2004, giorno in cui sarà designato il progetto vincitore

TUTTI I NUMERI DEL CAMBIAMENTO
440mila
i metri quadrati della superficie occupata attualmente dalla Fiera Milano
255mila
i metri quadrati dell’attuale superficie occupata dalla Fiera nel centro di Milano che verranno riqualificati attraverso la gara
2
gli anni necessari affinchè la Fondazione Fiera operi a pieno regime con un sistema di due poli (quello urbano, attraverso gli spazi che rimarranno attivi, e quello di Rho-Pero)
185mila
i metri quadrati che andranno a costituire il cosiddetto Polo Urbano, che sarà organizzato negli spazi più recenti della Fiera, quelli adiacenti a viale Scarampo fino al Portello

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