
«Così abbiamo superato i confini»
VENEZIA *c In principio c’era la fiera, poi vennero l’ubriacatura del lavoro a basso costo, le più varie missioni commerciali. Oggi le logiche che spingono l’internazionalizzazione dei distretti italiani sono diversificate ma riflettono in maniera molto parziale il passato. «Le fiere restano uno strumento importante – dice Andrea Rossi, coordinatore degli orafi di Confartigianato del distretto di Vicenza – ma il vero valore di questa esperienza sta nell’aggregazione, nella squadra che si forma su un obiettivo. É il gruppo che si muove e raccoglie i migliori risultati e questo è molto importante per un segmento come il nostro che non ha risorse per una delocalizzazione che forse neppure sarebbe conveniente. La scelta della nuova legge veneta sui distretti di sostenere solo iniziative basate su un patto di gruppo condiviso non fa che recepire questo bisogno e valorizzarlo ulteriormente».
Chi, come il distretto calzaturiero del Brenta, il gruppo l’ha già compattato da tempo si è incamminato su altre strade. «Nel 1998 abbiamo aperto un nostro show room a New York – ricorda il presidente Franco Ballin – lo scorso anno ne abbiamo inaugurato un secondo a Pechino ed oggi in questi spazi non promuoviamo solo le nostre scarpe ma anche il territorio in cui nascono: le nostre ville, l’enogastronomia». «Cercare luoghi di produzione a basso costo – aggiunge – non era in linea con la nostra esigenza di qualità e così abbiamo preferito allearci con i distretti calzaturieri di Bari, Lecce e Cosenza per creare un sistema che ha i suoi punti di forza sull’innovazione e sulla formazione. Da questo sistema unito è uscita una nuova proposta che oggi stiamo lanciando in Europa ma anche negli Usa, in Giappone e negli Emirati arabi».
Uberlandia, in Brasile, è invece l’esempio di una delocalizzazione mirata. Anche se quello che è stato costituito è un vero e proprio distretto completo nella sua filiera non si può certo parlare di mera clonazione. L’obiettivo dei 16 imprenditori del distretto del mobile di Treviso-Pordenone, coordinati da Federlegno-arredo, che hanno investito in Brasile è sì quello di costituire un polo produttivo a costi ridotti ma il valore aggiunto è dato da un lato dalla disponibilità della materia prima e dall’altro, soprattutto, da un mercato, quello dell’America latina, tutto da conquistare e dalla possibilità di esportare negli Usa con le condizioni agevolate concesse alla produzione brasiliana.
Una opportunità, questa degli accordi bilaterali, che l’accordo fra Map e Club dei distretti siglato ieri a Venezia intende sfruttare fino in fondo, tracciando una mappa dei Paesi in cui si coniugano interessi locali con accordi commerciali e doganali privilegiati. L’internazionalizzazione, però, può passare anche da un percorso esattamente inverso. Ed è su questo che sta puntando il distretto tessile di Biella. «Il nostro obiettivo – spiega Arnaldo Cartotto, direttore del centro studi del distretto – è quello di creare a Biella un polo di eccellenza mondiale del tessile. Una eccellenza nella produzione ma anche nel patrimonio di conoscenze. Per questo abbiamo cominciato lavorando molto sul sistema formativo: scuole superiori, istituti tecnici, università». «Il risultato deve essere la conquista di un irresistibile appeal a livello internazionale – conclude – perchè l’importante, a nostro avviso, non è limitarsi a navigare nel mare della globalizzazione, ma diventare un riconosciuto porto di riferimento».