
La Puglia dà la scossa al Sud
Internazionalizzare per vincere la sfida della globalizzazione. Una strategia che sempre più viene compresa e attuata dalle aziende del Sud. Inclinazione seguita soprattutto in Puglia, dove, a Bari, da domani a domenica 19 settembre si alza il sipario della Fiera del Levante, vetrina per eccellenza di una consolidata vocazione imprenditoriale al rapporto con i mercati esteri, in particolare dei paesi balcanici e dell’Est.
“Nel 2003 – spiega Antonio Corvino, coordinatore dell’Osservatorio banche-imprese – il 5,2% delle aziende pugliesi ha adottato strategie di internazionalizzazione contro il 33% di quelle che hanno puntato solo sull’export. Un dato che ci consente di dire che i processi di internazionalizzazione, in Puglia, rappresentano un fenomeno particolarmente dinamico, non comune nel Mezzogiorno”. Dal Rapporto sull’industria 2004 dell’Osservatorio banche-imprese, infatti, emerge che a quel 5,2% di aziende manifatturiere pugliesi che hanno decentrato le attività produttive nel 2003 corrispondono il 4% delle aziende in Sicilia, il 3% in Calabria e il 2,4% in Basilicata.
Delocalizzazione e internazionalizzazione. “La delocalizzazione di una parte delle attività produttive per ridurre i costi è un’opzione che si fa strada soprattutto nel Tac (comparto tessile-abbigliamento-calzaturiero, ndr)”, aggiunge Corvino. In effetti nel maggio 2003 in Puglia aveva delocalizzato le attività il 9,4% delle aziende del Tac, un dato in linea con quello nazionale (9,7%) ma di molto superiore a quello del Mezzogiorno (4,4%), rilevano Giuseppe De Arcangelis e Giovanni Ferri nello studio “La proiezione internazionale dell’industria barese” (realizzato nel quadro del progetto “La fabbrica del futuro”, voluto dall’Assindustria di Bari). “Nel settore del mobile imbottito e della meccanica – continua Corvino – emerge invece la tendenza a spostare all’estero l’intera produzione. E a fare investimenti diretti sui mercati più lontani, come Cina e Russia, sono le aziende più grandi, con marchi consolidati”.
Nel settore del mobile imbottito oltre la metà delle aziende decentra l’intera produzione del prodotto finito, poco meno del 40% delocalizza la realizzazione di componenti e solo il 10% la lavorazione di parti elementari. L’azienda leader è la Natuzzi, che sta decentrando le attività in Romania e in Cina. “Ad attrarre i maggiori investimenti stranieri – spiega Luigi Triggiani, coordinatore del Centro regionale per il commercio estero della Puglia – sono i paesi che fanno politiche mirate o nei quali si può usufruire di incentivi europei e poi quelli in cui si parla italiano, come Romania e Tunisia, o che sono meglio collegati”.
Export. Anche in questo caso, Puglia capofila. Nel primo trimestre del 2004 l’export di beni e servizi ha presentato un trend migliore di quello del Sud e dell’Italia. Secondo Starnet, la rete di uffici studi di Unioncamere, in questo periodo l’incremento dell’export pugliese rispetto allo stesso periodo del 2003 è stato del 7%, contro un calo dell’1,4% riferito a Mezzogiorno e Isole e un aumento, a livello italiano, sensibilmente inferiore (1,3%). In particolare, l’industria manifatturiera pugliese ha accresciuto le sue esportazioni dell’8,1%, mentre Mezzogiorno e Isole hanno perso l’1,1 per cento. Con il suo fatturato di 1.372 milioni, l’export pugliese ha rappresentato nello stesso periodo il 2,2% dell’export nazionale e il 20,42% di quello del Mezzogiorno. Singolarmente, Calabria, Basilicata e Campania hanno accresciuto i loro affari rispettivamente del 27,1%, 7,3% e 1,6 per cento. Ad arretrare, invece, è stata la Sicilia (-13,1%).
Prospettive per il futuro. “Le imprese pugliesi – dichiara Gianni Mongelli, presidente di Confindustria Puglia – devono puntare sia sulla delocalizzazione sia sul consolidamento delle quote acquisite di recente. Tra i mercati più interessanti ci sono quelli balcanici, non solo per le esportazioni, ma anche per l’interscambio di infrastrutture. É qui che più facilmente le nostre aziende potranno andare a costruire gasdotti, acquedotti, strade e ferrovie”. Sono questi i Paesi candidati a essere attraversati dal Corridoio 8, collegamento Europa-Asia che interessa la Puglia, ma che al momento non è tra le opere prioritarie dell’Ue. “La delocalizzazione – conclude Mongelli – è un mezzo per rendere concorrenziali alcuni prodotti perché consente di ridurre i costi. Ma per il made in Italy di qualità sarebbe meglio puntare su una produzione interna tradizionale e adeguate politiche di import-export”. Politiche che già funzionano con l’hi-tech diretto negli Usa o l’agroalimentare destinato al mercato tedesco.
Il peso. Con un fatturato di oltre 1,37 miliardi, l’export pugliese ha rappresentato nel primo trimestre 2004 il 2,2% dell’export nazionale e il 20,42% di quello del Mezzogiorno. L’industria manifatturiera ha accresciuto l’export dell’8,1 per cento.
Chi scende. Nel primo trimestre 2004, rispetto allo stesso periodo 2003, la Puglia è calata nelle esportazioni di prodotti in legno (-28,4%), del tessile (-5,8%), delle macchine e apparecchi meccanici (-8,8%) e delle macchine elettroniche (-25,4%).
Chi sale. Il confronto tra il primo trimestre 2004 e lo stesso periodo 2003 mostra che sono invece cresciute le esportazioni dei prodotti della pesca (110,8%), dei mezzi di trasporto (22,5%), dei minerali energetici (108,8%) e dei prodotti chimici (59,7% )