Rassegna stampa

Il distretto delocalizza

Chiude domani la Fieravicola di Forlì, la principale manifestazione specializzata nel comparto delle carni bianche, alla ricerca di soluzioni per migliorare l’efficienza aziendale nel rispetto dell’ambiente. Oltre infatti, ai problemi commerciali, questo è uno dei principali problemi degli allevatori romagnoli: un’intensità di allevamento sette volte quella italiana che causa problemi di convivenza con la popolazione.
Negli allevamenti romagnoli si produce uno dei migliori polli “pesanti” del mondo: la filiera hi-tech della provincia di Forlì-Cesena ha dato vita ad un distretto produttivo da 1,38 miliardi, capace di offrire occupazione a oltre 13mila addetti. Cifre rilevanti dietro alle quali si cela un comparto all’avanguardia con più di 600 aziende attive e 62milioni di polli ingrassati ogni anno, pronti per essere trasformati a ridosso della Riviera. Questa efficienza di sistema non corrisponde, però, a prezzi di vendita altrettanto brillanti e le quotazioni del mercato di Forlì, piazza di riferimento a livello nazionale, stentano a superare l’euro al kg, soglia considerata remunerativa dagli allevatori. Resta sempre aperta, poi, la questione dei consumi, inchiodati ai 19 kg e difficilmente incrementabili senza un adeguato supporto promozionale. Non resta allora che puntare sulla fantasia delle aziende, Amadori in testa, che nel corso degli anni sono riuscite a far salire a quota 20% l’incidenza delle preparazioni a base di carne avicola rispetto al totale consumato dagli italiani. I prodotti più amati? Cordon bleu, wurstel e spiedini.
I problemi da risolvere non sono solo commerciali, ma anche ambientali: le imprese romagnole, stando a un recente studio di settore, sono caratterizzate da un’intensità di allevamento pari a 92 capi per ettaro, contro una media italiana di 13. Un dato che la dice lunga sul dibattito, sempre più acceso, che contrappone le aziende alla popolazione, spingendo i big del settore a delocalizzare la produzione: ormai sono più di 87 milioni i capi di proprietà di aziende romagnole allevati in altre zone, una tendenza destinata a rafforzarsi. I vincoli dell’espansione urbanistica rappresentano un freno alla crescita del settore, ma la tecnologia aiuta gli allevatori a presidiare il territorio senza infastidire troppo i vicini.

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