
L’Est Europa sbarca negli stand
Sarà l’occasione per monitorare lo stato di salute del settore della produzione di macchine utensili per la lavorazione del legno, ma anche per progettare le scelte future mirate ad aggredire un mercato interno che dà segni di saturazione e uno internazionale in costante evoluzione.
La quindicesima edizione di Samulegno, da domani al 14 febbraio alla Fiera di Pordenone si presenta come un momento privilegiato per l’incontro tra operatori e aziende alla ricerca di novità tecnologiche e macchinari più moderni. Una manifestazione a tutto tondo sul mondo del mobile, il comparto produttivo di maggior peso nell’area pordenonese e soprattutto in quella zona del Livenza, a cavallo tra Pordenone e Treviso, che i volumi di produzione e i numeri di fatturato hanno fatto divenire il più importante distretto industriale di settore a livello nazionale e internazionale. “I dati dimostrano come sia richiesto dagli operatori un luogo di incontro qualificato – afferma il presidente dalla Fiera, Alvaro Cardin – e questa è una rassegna collocata ai vertici del panorama italiano ed europeo di settore”. Nella scorsa edizione furono 20mila gli operatori in visita alle 300 aziende presenti. Oggi le aziende sono 350 distribuite su 30 mila metri espositivi coperti.
Massiccia la presenza di operatori stranieri provenienti da diversi Paesi dell’Europa dell’Est, con proposte e progetti di partnership industriale. “Con questi contatti – continua Cardin – cerchiamo di essere propositivi nei confronti del mercato: vengono infatti a Pordenone operatori di aziende che cercano tecnologie, offrendo collaborazione ai nostri mobilieri. Potrebbero nascere delle interessanti sinergie”.
Fuori dal coro è, invece, il parere di Gustavo Bomben, presidente delle piccole e medie imprese, che mette l’accento sulla necessità di un’analisi più approfondita sulla perdita di competitività delle nostre aziende “legata – a suo dire – soprattutto alle produzioni di massa nelle quali è possibile contenere i costi. Ma il resto della produzione non ha motivo di essere delocalizzata, se non per soggiacere alle volontà delle multinazionali. Occorre che le aziende italiane ed europee recuperino i prodotti nazionali con un accordo su qualità e condizioni di produzione. Il mercato non è solo costo, ma anche rispetto dell’uomo e delle condizioni di vita”.