Rassegna stampa

La sfida: il polo mediterraneo

Milano inaugura nuovi padiglioni, Verona si specializza sempre più, Rimini migliora la propria attrattività puntando su numerosi servizi accessori, Roma amplia le strutture esistenti e cerca alleanze strategiche sul territorio nazionale, Bari guarda all’estero per rafforzarsi. E la Campania: su quale sistema fieristico vuole scommettere e come? Una fotografia del suo posizionamento è fornita da uno studio di fattibilità (Piano di riqualificazione del sistema fieristico campano) – promosso dall’assessore uscente alle Attività produttive, Gianfranco Alois – curato dalla società di consulenza Deloitte che nei giorni scorsi ha consegnato il dossier alla Regione. Lo studio è finalizzato a definire se è fattibile o meno (e se sì in quale dimensione) un nuovo polo fieristico da realizzare nell’area a nord di Napoli. I numeri parrebbero dare questa indicazione, i commenti dei protagonisti del settore (vedi gli articoli in pagina) invece no. Ma andiamo per ordine.
Due gli scenari delineati: il primo ipotizza un quartiere fieristico regionale o multiregionale, che ottimizzi le attuali strutture fieristiche; il secondo propone la creazione di un polo nazionale o internazionale, dotato di un nuovo grande “quartiere fieristico”: una porta del Mediterraneo.
L’analisi della Deloitte prende le mosse dal censimento delle sei strutture fieristiche esistenti (Mostra d’Oltremare, Città della Scienza, Vesuvio Expò, Quartiere Fieristico di Calitri, Centro Espositivo Artigianale di Vallo della Lucania, Complesso Tarì) e continua prendendo in considerazione dimensioni, tasso di incidenza delle superfici fieristiche e composizione dell’offerta di superfici espositive coperte. In particolare risulta pari a 1.175.000 metri quadrati la superficie occupata dalle strutture campane, di cui 71.950 al coperto (di cui il 60% della Mostra d’Oltremare). Per quanto riguarda i flussi economici, nel 2004 sono stati 7.940 gli espositori ospitati, 1.301.160 i visitatori, circa 51 milioni il fatturato prodotto con un indotto di 400-500 milioni.
Le principali peculiarità della rete dei quartieri espositivi della Campania rilevate sono l’elevato grado di rigidità delle strutture, poiché quelle meglio dislocate non possono essere ampliate o sono poco edificate e l’alta eterogeneità, giacchè la rete esistente non segue una logica di business ma è gestita secondo interessi locali.
Rispetto agli altri sistemi fieristici regionali, quello campano è caratterizzato da un basso livello di integrazione tra i sei quartieri esistenti (che ha dato luogo a notevoli coincidenze tra le manifestazioni ospitate) e da un elevato grado di gerarchizzazione, nel senso che la capacità di attrazione degli eventi e dei visitatori si concentra in un’unica struttura: la Mostra d’Oltremare.
Il benchmarking tra i principali quartieri fieristici nazionali colloca in prima posizione Milano e Bologna per aree espositive coperte (superiore a 150.000 mq) e per flusso annuo medio di espositori (superiore a 10.000). A questi due quartieri si uniscono Napoli e Bari, per il flusso medio annuo di visitatori (superiore ad 1 milione). Milano resta sola in prima posizione per eventi internazionali organizzati (40/50 all’anno) e al livello di fatturato generato (150 milioni). Una discreta concorrenza potrebbe arrivare, soprattutto a Napoli e Bari, da parte del nuovo quartiere fieristico di Roma, attualmente in costruzione, per le notevoli dimensioni, la particolare localizzazione e la strategia di stipulare accordi con Milano e Bologna. Da questa fotografia scaturiscono i due scenari proposti dalla Deloitte. Il primo suggerisce di mantenere e ottimizzare le attuali strutture fieristiche regionali ammodernandole e migliorando le modalità di accesso e di fruizione con interventi di coordinamento e gestione dei relativi eventi fieristici. Questa ipotesi di semplice “razionalizzazione”, secondo gli analisti potrebbe produrre un incremento del 15% di visitatori ed espositori e un aumento del fatturato del 17% dai 51 milioni di oggi ai 60 milioni. Allo stesso tempo, però, potrebbe esporre il sistema campano al rischio di essere “attaccato” dalla concorrenza.
Il secondo scenario, prospetta la nascita di un quartiere fieristico di livello nazionale o internazionale, dotato anche di strutture di accoglienza per visitatori ed espositori. La Campania potrebbe, così, diventare il punto di riferimento degli eventi fieristici del Mediterraneo, fungendo da collettore delle più importanti manifestazioni nazionali e internazionali, nonché da punto di convergenza alle economie emergenti dei Paesi dell’Africa del nord. L’opera richiederebbe investimenti ingenti, ma assicurerebbe un incremento di visitatori nell’ordine del 35%, e soprattutto del fatturato che aumenterebbe di circa il 50%, portandosi da 51 a 75 milioni.
Fin qui lo studio di fattibilità. Resta da compiere una scelta tutta politica che ora spetta al nuovo esecutivo regionale.

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