
Fiere, guai a fermarsi
È un settore maturo, dove gli spazi espositivi e il numero dei visitatori dalla seconda metà degli anni 90 a oggi sono rimasti più o meno stabili. Un settore dominato da un polo di livello mondiale,Fiera Milano, e con soltanto tre o quattro altri soggetti di dimensioni interessanti. Nel suo complesso, il sistema fieristico italiano è il secondo d’Europa, alle spalle della Germania, ma sta affrontando una fase delicata. Innescate dall’andamento economico generale si sono accese alcune spie: una domanda di spazi espositivi che non riesce a coprire per intero l’offerta, un giro d’affari che in qualche caso si va riducendo, la competizione straniera che si fa sentire sempre di più. Sono quindi da leggere anche come contromisure a questo scenario alcune strategie adottate di recente dai gruppi fieristici italiani: l’apertura del capitale ai privati, l’acquisizione delle principali manifestazioni ospitate, in modo da legarle al proprio quartiere fieristico, ´oppure la maggior attenzione verso quelle attività che garantiscono margini più alti rispetto al semplice affitto degli spazi, come la gestione degli eventi, appunto, o i ricchi servizi collaterali, (allestimento stand, catering, comunicazione, ndr)’, spiega Cristian Chizzoli, ricercatore Cermes-Bocconi. Fiera Milano, come detto, fa storia a sé. Il gruppo, quotato, ha chiuso il trimestre in forte crescita e sta proseguendo una campagna di acquisizioni di grandi manifestazioni internazionali (l’ultima operazione è stata sul 51% di Expo Cts, la società che organizza Bit). Va avanti anche l’attività estera, vedi il caso di Macef Mosca, ma la svolta epocale è fissata nel 2006, quando sarà inaugurato il nuovo quartiere di Rho-Pero, il più grande polo fieristico d’Europa e, forse, del mondo. E, alle spalle di Fiera Milano, si muove qualcosa? Chiamarlo risiko è esagerato, ma la strada dell’apertura del capitale sta facendo emergere ipotesi di alleanze e aggregazioni. BolognaFiere, secondo quartiere italiano con oltre 70 milioni di ricavi annui, ha fatto salire i privati al 57% del capitale e utilizzerà i 25 milioni incassati dalla ricapitalizzazione per arricchire il portafoglio di manifestazioni di proprietà. Chi invece già oggi gestisce direttamente tutti gli eventi ospitati è la vicina RiminiFiera, che sviluppa un fatturato di 40 milioni ma un mol di ben 14 milioni, paragonabile a quello di Bologna. Anche Rimini di recente ha aperto il capitale ai privati, entrati con una quota superiore al 18%, anche se il controllo resta in mano ai soci pubblici (Camera di commercio, Provincia e Comune di Rimini). Da tempo si parla di una possibile aggregazione tra Bologna e Rimini, ´che produrrebbe indubbi benefici, per tutti e sotto ogni profilo’, commenta Simone Basili, responsabile del dipartimento advisory di Banca Opi, la merchant del gruppo Sanpaolo-Imi presente nel capitale di Rimini Fiera. Un ostacolo a questo tipo di aggregazione è però rappresentato dalle composizioni azionarie, in quanto sembra difficile ipotizzare per BolognaFiere un ritorno al controllo pubblico attraverso una fusione con la società romagnola. Ma lo scenario potrebbe mutare già nel medio periodo attraverso il collocamento in borsa, che rimane un’opzione aperta per entrambi i gruppi espositivi. Intanto, Rimini si è fatta avanti nei confronti di PadovaFiere, che a breve aprirà il 60% del proprio capitale (21 milioni la valutazione minima). Padova è una struttura di dimensioni medio-piccole, ma l’operazione sta suscitando l’interesse, oltre che della merchant Abm, anche della Fiera di Vicenza, nell’ottica della creazione di un polo espositivo del Nordest. In questo contesto, non scopre invece le proprie carte l’ente VeronaFiere, che non ha ancora nemmeno deliberato la trasformazione in spa, forte della palma di fiera più redditizia d’Italia (macina 5 milioni di utile su 50 di fatturato), grazie a manifestazioni di grande risonanza come Vinitaly. Sullo sfondo, infine, c’è sempre il disegno della Promotor international di Alfredo Cazzola, il patron del Motorshow. L’imprenditore emiliano controlla il Lingotto Fiere di Torino, il 50% della società che gestirà il futuro quartiere espositivo di Roma e nei mesi scorsi è entrato con il 5% in BolognaFiere e con oltre il 4% in Rimini Fiera. Il piano è chiaro e ambizioso: creare un asse policentrico in grado di fare realmente concorrenza a Milano. Si riuscirà a realizzarlo? Questa è un’altra questione.