
Pero-Rho, nella torre di Babele dove lavorano gli uomini ragno
Gli uomini ragno la lucidano metro per metro, centimetro per centimetro. Gli operai la osservano dalle gru con un misto di ammirazione e di inquietudine. Chi transita sulla vecchia statale del Sempione e sinora non l´aveva mai vista, ne resta folgorato. Lei è la Vela, disegnata dall´architetto Massimiliano Fuksas come «gesto emblematico» della nuova Fiera, quella più grande del mondo, costruita dagli uomini di tutto il mondo (oltre 50 nazionalità diverse, dai cinesi ai tedeschi), e che nascerà l´aprile prossimo a Pero-Rho, laddove sino a tre anni fa erano di casa le raffinerie dell´Eni-Agip. Alta sino a 42 metri, lunga un chilometro e duecento metri, «due terzi di corso Buenos Aires a Milano», larga 32 metri, la Vela è quasi pronta, una ragnatela in vetro e acciaio che collegherà la porta Est con la porta Ovest del nuovo quartiere fieristico, che gli uomini ragno curano amorevolmente, lucidandola a intermittenza per salvarla da pioggia, vento e polvere. Gli uomini ragno parlano le lingue dei quattro angoli del mondo, perché in questi due milioni di metri quadrati, che per una vita avevano fatto di Pero la «Gela del nord», una landa infestata da idrocarburi, non c´è solo la Fiera che verrà, ma un villaggio globale che vive quasi 24 ore su 24 e sette giorni su sette: «Tra gli oltre duemila operai impegnati nel cantiere, sono rappresentate 56 nazionalità diverse», racconta Maurizio Alessandro, direttore operativo di Sviluppo Sistema Fiera, la società di scopo creata da Fondazione Fiera per gestire il trasferimento a Pero-Rho. I più presenti sono tedeschi e romeni, seguiti da egiziani e albanesi: «Ma non c´è problema a comunicare, a capirsi, l´italiano è usato come una sorta di esperanto, e poi ci sono i gesti», spiega Massimo Federici, responsabile logistica del campo per la Npf, sigla che sta per “Nuovo polo fieristico”, ossia il consorzio che raggruppa le imprese (Astaldi, Pizzarotti e Vianini) che hanno vinto la gara internazionale indetta con la formula del general contractor, e che stanno realizzando l´opera chiavi in mano per la cifra di 750 milioni di euro tutta in autofinanziamento da parte della Fiera. Ma Federici per tutti è «il sindaco», ossia l´uomo guida di questo immenso villaggio globale che vive con una appendice a pochi chilometri dal cantiere, ossia nella frazione di Mazzo di Rho, dove c´è quello che viene definito «il campo», ossia il posto in cui, al di là della ferrovia, dorme circa la metà degli operai, quelli cioè che non abitano nei dintorni. Sono prefabbricati con stanze singole o doppie, riscaldamento o aria condizionata (a seconda delle stagioni), accompagnati da un bar e da una sala ricreativa con tv e biliardo. La giornata qui inizia prestissimo: «Sveglia alle sei, trasferimento nel cantiere, colazione in mensa alle sette meno un quarto. Poi si iniziano i turni sino alla pausa pranzo, tra mezzogiorno e le due, sempre in mensa, quindi si riprende e il cantiere chiude alle sei d´inverno e alle sette d´estate», racconta Federici, uno che a 56 anni aveva già visto tutto, dai cantieri per la metropolitana di Roma a quelli nella ex Germania Est, ma che non esita a definire questo villaggio «qualcosa di unico, dieci cantieri in uno». Del resto, l´immagine della pausa pranzo in mensa è più eloquente di qualsiasi definizione: dentro il prefabbricato e nel cortile sono sedute centinaia di uomini, con accenti e suoni che si mescolano anche allo stesso tavolo, ai distributori automatici di bottigliette, in bagno. Certo, quella data, sabato 2 aprile alle ore 11, voluta a tutti i costi da Roberto Formigoni a una settimana dalle elezioni regionali, resta un incubo più che per gli uomini ragno e i carpentieri del villaggio globale, per chi si è preso l´impegno di rispettare i tempi. A ricordarlo quotidianamente è un display impossibile da ignorare per chi arriva all´ingresso dell´ex raffineria dalla statale del Sempione, e s´imbatte in quello che è già stata ribattezzata l´entrata d´onore della nuova Fiera: sul display c´è un numero che corrisponde ai giorni mancanti da qui all´inaugurazione: «Quel display ci ricorda che dobbiamo morire», ironizza Mario Maddaloni, presidente del comitato intersocietario di Npf: «L´architetto Fuksas è un grande e noi cerchiamo di accontentare tutte le sue richieste sul piano della qualità, ma non possiamo dimenticare l´imperativo che abbiamo avuto, cioè fare presto e rispettare i tempi». Così, oltre a larga parte dei padiglioni a uno o due piani e delle palazzine a uso uffici, sono comparsi anche gli spettacolari lucernari a forma di oblò, un´altra invenzione fortemente voluta da Fuksas, insieme con i giochi d´acqua e di verde sotto la Vela, lungo quel chilometro e 200 metri che qualcuno ha già ribattezzato viale Monte Rosa, perché percorrendolo da est a ovest porta dritto davanti all´immagine del Monte Rosa. Un villaggio che già vive e pulsa, ma che dovrà diventare una macchina da soldi a partire da quel 2 aprile, ma soprattutto dal 2006, quando arriveranno le grandi Fiere, in primis il Salone del Mobile, e i collegamenti, a partire da quello con il metro uno, dovranno essere realizzati completamente. Non solo fiere, quindi, ma anche spettacoli. E se sarà un concerto a salutare l´inaugurazione del 2 aprile, potrebbe essere solo l´inizio di una serie di spettacoli. Perché c´è un´area di 60 mila metri quadrati, tutti all´aperto, che vivranno per conto proprio e che dovranno completare il business dei paglioni: «Confesso che la grande soddisfazione di vedere che tra breve nascerà la nuova Fiera è un po´ mitigata dal fatto che questo villaggio globale chiuderà e terminerà una straordinaria esperienza umana», ammette Claudio Artusi, amministratore delegato di Sviluppo Sistema fiera, l´uomo che ha seguito la creatura giorno dopo giorno, minuto per minuto, la Fiera più grande del mondo costruita dagli uomini di tutto il mondo.