Rassegna stampa

Fiera spa, c’è la bozza di statuto

“No comment”, cellulari spenti, bocche chiuse. Anche se le carte stanno circolando da più di qualche ora. Perché il futuro sta iniziando davvero in questi giorni, per la Fiera di Vicenza. Ma nessuno vuole sbilanciarsi prima di aver guardato negli occhi gli alleati, ‘annusato’ le idee di chi sta dall’altra parte del tavolo, confrontato con qualche esperto legale se le cose stanno davvero così. Sono arrivati i giorni dello statuto. Quello che dovrebbe fare da ‘magna charta’ per trasformare la Fiera di Vicenza in una società per azioni, con il suo consiglio di amministrazione da affiancare all’assemblea degli azionisti. Appunto: cda e pacchetto di azioni. Sono questi i due obiettivi delicatissimi su cui tutti si confrontano: i tre enti pubblici fondatori (Provincia, Camera di commercio, Comune) e le associazioni di categoria (Associazione industriali, Confcommercio, Associazione artigiani, Coldiretti, Apindustria, Unione agricoltori e Cna) che fanno parte della storia della Fiera ma si vedono al momento escluse – lo ha sentenziato un arbitrato concordato tra tutte le parti in causa – dalla spartizione del pacchetto azionario della futura Fiera spa.

La strada è ferma a un bivio. Da una parte, la tentazione delle categorie economiche è presentare appello a un giudice civile contro l’arbitrato, anche se finora non è stato ufficializzato nulla. Dall’altra parte la presidente della Provincia Manuela Dal Lago, presidente anche della Fiera, aveva pubblicamente sostenuto che c’erano altre possibilità di far rientrare sulla tolda di comando della Fiera anche le associazioni di categoria. E molto si sarebbe giocato, appunto, sulla proposta di statuto per la nuova spa. La bozza adesso c’è: le carte predisposte dalla Dal Lago sono arrivate al Comune, alla Camera di commercio e – tramite l’Associazione industriali che fa da portavoce – a tutte le categorie economiche che siedono oggi in Fiera. E nei giorni prossimi, quindi, usciranno le reazioni ufficiali. Intanto però le voci di corridoio spiegano che ci sono almeno due punti delicati che vengono tradotti, nero su bianco, dalla bozza di statuto. E che corrispondono appunto ai due nuclei centrali di tutta la vicenda: le azioni e il cda. Primo. Per il pacchetto azionario, la proposta di statuto prende spunto dallo stesso verdetto dei tre arbitri, secondo i quali alle associazioni di categoria spetta il diritto «di partecipare, ove lo ritengano, agli incrementi del capitale sociale della costituenda spa» (così recita l’arbitrato). L’ipotesi messa a punto nella bozza di statuto è proprio questa. Vale a dire: la Fiera, inizialmente spartita tra i tre enti, vara un aumento di capitale ma senza che i tre enti si prendano anche tutte le nuove azioni. Si riserva invece l’offerta di azioni in egual misura alle sette associazioni di categoria che hanno già contribuito, nella storia, al patrimonio della Fiera stessa. E questo riporterebbe le associazioni di categoria nell’assemblea degli azionisti. Anche se l’eventuale decisione di aderire a questa strada significa, per le categorie, aver già scelto di non percorrere invece quella del ricorso in appello per veder riconosciute immediatamente (e tradotte in azioni della spa) le cifre già versate nella storia della Fiera. Secondo. Spunta l’ipotesi di un consiglio di amministrazione largo che salvaguardi comunque il meccanismo secondo cui il controllo della Fiera è garantito anche da due enti su tre (ognuno, al momento, avrebbe appunto il 33% delle azioni). L’idea sarebbe quindi di puntare a un consiglio di almeno 43 membri in cui ogni ente nomini 11 consiglieri (e 22 è la maggioranza), mentre gli altri posti verrebbero riservati 2 ciascuno alle associazioni che hanno contribuito fin dall’inizio alla Fiera (Assindustria, Assoartigiani, Confcommercio) e uno ciascuno alle altre (Coldiretti, Apindustria, Unione agricoltori e Cna).

Newsletter