Rassegna stampa

Fiera, i tecnici sono al lavoro

Per costruire la nuova Fiera di Vicenza nell’area Ipab di S. Pietro Intrigogna ci vorrebbero circa quattro anni, mentre per ristrutturare-ampliare quella attuale ne occorrerebbero due di più. Anche se nella prima ipotesi occorre una mega-variante urbanistica (a differenza della seconda) i cui tempi non sono mai quantificabili con certezza a priori. È questo che hanno scritto, tra le altre cose, gli esperti milanesi di “Sviluppo sistema fiera”, incaricati dall’Immobiliare Fiera di produrre uno studio che confronti le due grandi ipotesi poste sul tavolo degli enti vicentini: costruire una Fiera tutta nuova a Vicenza est, oppure ripartire con il progetto di ristrutturazione di quella attuale a Vicenza ovest. Per quello che riguarda i costi, come già emerso gli esperti avrebbero confermato le indicazioni di cui si vocifera da tempo: 70 milioni di euro per la ristrutturazione, 100 milioni di euro per la Fiera nuova. In questo secondo caso, peraltro, non sarebbero conteggiati i costi di acquisto dei terreni, ma neanche i ricavi per la vendita del complesso fieristico attuale (compreso Centro congressi ed ex hotel). E non sarebbero inseriti nel calcolo neppure i costi per il necessario raddoppio dell’attuale cavalcavia di strada Pelosa, con l’allargamento di tutta la sede stradale fino all’area di villa Rubini e dei campi dell’Ipab a S. Pietro Intrigogna. Ma sempre sul fronte costi è anche ipotizzabile che, nel caso del nuovo quartiere fieristico, l’Immobiliare Fiera affidi gli investimenti necessari per i parcheggi (quelli che peraltro mancano anche oggi a ovest) a privati che poi si rifacciano delle spese con l’incasso dei ticket per il posteggio giornaliero. Quanto agli spazi, naturalmente non c’è paragone: nel caso di una nuova Fiera si può ipotizzare di costruire superfici utili per 75 mila metri quadri (contro i 63 mila attuali) ma soprattutto si può lavorare su un’area di 500 mila metri quadri – appunto oggi di proprietà dell’Ipab – che rende molto più organizzabile l’intero insediamento. Queste le indiscrezioni. Queste le scelte con cui si confronteranno a breve i tre enti pubblici fondatori della Fiera e proprietari dell’Immobiliare. Il presidente Gildo Vescovi si limita a dire che è allo studio anche un piano finanziario con uno scopo preciso: evitare di chiedere soldi agli enti pubblici. Vale a dire che si dovrebbe poter affrontare l’eventuale maxi-investimento pagando le rate dei mutui con gli introiti dell’Immobiliare (affitti alla Fiera, soprattutto). Quello che emerge chiaro, è che il cda dell’Immobiliare sta lavorando molto seriamente all’ipotesi “nuova Fiera a est”. Ma ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che emergano elementi ufficiali. La presidente della Provincia (e della Fiera) Manuela Dal Lago si limita a dire: «Ho affidato i documenti dell’Immobiliare all’esame dei tecnici, compresi gli urbanisti che si occupano del nuovo Piano territoriale provinciale. Stiamo studiando bene ogni questione». Il presidente della Camera di commercio Dino Menarin risponde alle domande giornalistiche rimarcando che la situazione «è più complessa che parlare di trasloco sì o no». In sostanza, la Fiera si sta trasformando in spa ma affronta anche il momento di stallo del mercato orafo. E allora, meglio investire “a tappe” sulla ristrutturazione della Fiera attuale, sia pure con tempi più lunghi ma senza dover affrontare tutta insieme una spesa ingentissima per costruire la nuova Fiera? O invece è meglio, per evitare di essere “mangiati” ad esempio dalla nuova Fiera di Milano (che già si è comprata pure una rivista del settore orafo), affrontare l’investimento della nuova costruzione e puntare dritti a sviluppare una grande Fiera internazionale, che però a questo punto dovrà guardare e attirare espositori di tutto il mondo e quindi dare per forza minore attenzione alle produzioni locali? «In giunta della Camera di commercio – conclude Menarin – affronteremo la questione a metà dicembre». E intanto l’Immobiliare avrà anche i documenti definitivi consegnati dagli esperti milanesi. Poi sarà il tempo di scegliere, con gli occhi puntati sul Comune, che ha il potere di dire sì o no all’eventuale variante urbanistica.

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